25 novembre: parole che al mercato non si impegnano

25 novembre: parole che al mercato non si impegnano

di Antonella Policastrese

Giornata-violenza-donne.pngGiornata  Nazionale  contro la violenza sulle donne. Donne escluse da processi sociali, tiranneggiate, considerate bottino di guerra. Oggi 25 novembre 2015 il tema torna alla ribalta in tutta la sua drammaticità,specie se si guarda a  quanto sta succedendo nel MO, con una jihad, che utilizza le donne come oggetto di godimento,  corpi da violentare per poi liberarsene, uccidendole o rimandandole indietro nei villaggi d’appartenenza, perché non più vergini. La storia dell’umanità è costellata da episodi simili. Basti pensare alla contesa tra Agamennone ed Achille, per il possesso di una schiava. Gli antichi greci,consideravano lo stupro di guerra una regola,e le donne erano dei trofei da esibire dopo una battaglia. Tale atteggiamento continuò nel Medio Evo fino al XIX secolo, quando  prevalse la pratica di adottare leggi  che preservassero le donne e le proteggessero sia in periodi di guerra che di pace. Le violenze sessuali legate alla guerra, erano  un modo per spargere il terrore in campo nemico; stessa cosa che si sta verificando attualmente con la guerra santa condotta dai jihadisti. Come dimenticare  le violenze inaudite durante la guerra dei Balcani, con donne  violentate  nei campi dello stupro e che diventavano schiave sessuali, o vendute nei bordelli dove stazionavano anche i soldati dell’ONU. Un genocidio senza precedenti che dimostra quanto la violenza sessuale sia una pratica assodata e diffusa. Intenti questi per distruggere la dignità,  umiliare, punire  il protagonismo delle donne.  Donne continuamente abusate, dimenticate, che nel corso della storia ci parlano di quanto siano state sottovalutate in società patriarcali e maschiliste che le voleva obbedienti ,dedite alla casa ed alla cura dei figli. Una visione  di subalternità che ha scalfito il   modello di società  preesistente,  dopo le rivolte femminili, per affermare  una parità non ancora completamente raggiunta e che fa registrare attualmente scarsa propensione ad ascoltare le voci delle donne. Nell’era della globalizzazione , si è globalizzata  la violenza  di uomini che hanno dentro di se la cultura del possesso. Eppure la nostra società pare abbia compiuto passi da gigante  dal punto di vista tecnologico, con creazione di macchine robot ,capaci di lavorare al posto degli umani, peccato solo che sul piano  reale non riescano ad innescare processi di uguaglianza tra i   sessi. Per porre riparo alla piaga del femminicidio   sono  state varate leggi che dovrebbero tutelare le donne; ma lo fanno solo a metà a causa di sentenze  blande e condanne che diminuiscono poi in appello ed ancora in cassazione per compagni e mariti che  uccidono senza pietà. Se ci fossero provvedimenti adeguati ai casi di continua sopraffazione  forse molte situazioni non si verificherebbero  e quella parità così tanto agognata sarebbe stata da un bel pezzo raggiunta. Le celebrazioni vanno bene ,se fatte per mantenere alta l’attenzione su un fenomeno, che adesso riguarda il vissuto  di altre donne che vivono in un occidente privo di risposte, incapace di elaborare una cultura per eliminare le discriminazioni  con i fatti e non solo a parole. L’esclusione comporta  emarginazione, l’emarginazione accetazione di qualsiasi situazione. Si è sempre parlato di donne non protagoniste della loro storia, ma per esserlo ed affrancarsi dalla schiavitù è necessario essere rispettate, capite, amate, valutate per ciò che si è. Di contro le cifre parlano di una disoccupazione crescente che ha investito prepotentemente la fascia femminile, ragion per cui se non si vuol finire come barboni si accetta con rassegnazione la propria condanna e le manifestazioni finiscono per essere parole che al banco dei pegni non si impegnano