Abramo Customer Care e il Decreto Dignità

 

Abramo Customer Care è una grossa azienda che eroga servizi di supporto al Marketing , attiva soprattutto nel settore del “contact  center in outsourcing.” Opera in Calabria dal 1998 e la sede Crotonese fu aperta dopo l’alluvione del 1996. Se la memoria non ci inganna, la fortuna di questa azienda è da ricollegare ad un fatto luttuoso della città, in cui morirono sei persone e ci furono  danni ad imprese per 126 miliardi di lire. Caldeggiata dal Governo dell’epoca presieduto da  Romano Prodi, si volle dare una speranza di futuro a tanti giovani crotonesi, affamati da sempre di lavoro… L’ Abramo Customer care nel corso del tempo si è espansa grazie al precariato ed all’utilizzo di manodopera con contratti a tempo determinato. Non vogliamo entrare nelle strategie dell’impresa, né nei suoi metodi lavorativi, ma ciò che ci colpisce è una lettera firmata,  inviata da giovani, alla redazione di Crotone News. Non ci saremmo mai aspettati di leggere che dei ragazzi si sentissero  penalizzati dal “Decreto Dignità” di questo Governo che in campagna elettorale ha fatto della lotta al precariato la propria bandiera. Lascia basiti che dei giovani diventino i paladini di un’azienda, sposandone le tesi, additando il decreto di Maio come un fendente mortale sulla tenuta occupazionale. In pratica è come se si affermasse “meglio lavoricchiare con contratti a termine che pretendere un lavoro serio, che ti permetta di organizzarti la vita”. Se la preoccupazione è che L’Abramo Customer Care su Crotone voglia licenziare 400 ragazzi , il “Decreto Dignità” va incontro a chi sta per trovarsi con un pugno di mosche in mano, e non si capisce dunque perché a rimetterci dovrebbe essere l’azienda. Tutta questa storia suona come un buttarsi con le mani avanti per un’eventuale delocalizzazione dell’impresa verso lidi dove il lavoro costa ancora meno che da noi. L’Abramo Cutomer care  crede davvero di essere  ai tempi di Kunta Kinte? Un’azienda di questi tempi può fare ciò che vuole e se è vero che le imprese, dopo essere state ben oleate con incentivi, siano andate altrove allegramente, oggi è tempo di capire che qualcosa sta cambiando. Per dare una spallata al precariato, chi decide di lasciare l’Italia restituisse prima  fino all’ultimo centesimo di euro  che ha ricevuto in convenzione. In un mercato selvaggio dove l’etica del lavoro è morta e si cercano persone da utilizzare come schiavi, deve far riflettere la levata di scudi di un’azienda che evidentemente non vuol abbattere il precariato, ma continuare a vivere di benefici per diventare una multinazionale della risposta e della cuffietta. Lascia interdetti la mentalità dei Crotonesi, abituati a sottomettersi e pensare che il mondo cominci e finisca dietro una postazione a cui ogni giorno sedersi e rispondere al telefono. La realtà lavorativa è da brivido, ma ciò che maggiormente preoccupa è la mancanza di solidarietà tra lavoratori. Si sta dalla parte del padrone e, mancando la dignità, oltre che uno scatto d’orgoglio, ci si sente minacciati dal “Decreto Dignità”. Al contempo se si tratta di attacco strumentale al Governo in carica, si sappia che la maggioranza degli Italiani ha cominciato a capire che la marea sta cambiando.