analisi del voto

Il giorno del dopo voto per le regionali, svoltesi in Calabria e in Emilia-Romagna, ha messo in evidenza due aspetti emblematici dell’attuale clima politico italiano. A dire il vero, la tornata elettorale calabrese ha offerto pochi spunti ai commentatori politici ed esegui margini di riflessione nei talk-show. In terra bruzia è andato tutto per come previsto, ovvero la vittoria assegnata al centro-sinistra, forte delle sue otto liste collegate, ma con un candidato eletto a Presidente che però non era quello indicato da Matteo Renzi. Neppure la percentuale di votanti, un buon 15 per cento in meno rispetto alle regionali del 2010, è stata giudicata una sorpresa; né nei numeri e tantomeno nel significato politico. Riassumendo: il voto per le regionali in Calabria è andato per come ampiamente previsto; ed questo, cioè tale mancanza di novità, il dato emblematico che riguarda la regione. Non esiste, non è mai esistito e mai esisterà il voto d’opinione quaggiù; al punto che lo schierarsi in maniera determinante e pesante, con una  parte politica appena ieri o con quella opposta oggi, non fa differenza. Perché la politica è come un treno che ti porta verso una meta, e non fa differenza alcuna se si viaggia in uno scompartimento o in un altro, tanto la destinazione è quella: il potere. Ma è il dato dell’ Emilia-Romagna a far riflettere e che deve far riflettere in prospettiva; perché quel crollo di percentuale di votanti, nella ex “Unione sovietica” italiana è come il numero 48, cioè il morto che parla, al gioco del lotto. Si capisce subito che il premier Matteo Renzi non è avvezzo giocare alle lotterie, se considera quel 36 per cento di votanti nella regione dove la partecipazione dei cittadini ai vari turni elettorali è sempre stata altissima, “un problema secondario”. E se dice così; se anzi esulta per un risultato elettorale che consegna comunque due vittorie (in Calabria e in Emilia – Romagna) al suo schieramento, è un uomo che vive nel trapassato remoto, che rottama quello che di buono c’era nel passato prossimo; adombra il presente e spegne il futuro gettandovi sopra le lenzuola dei fantasmi. Stavolta persino “il Mortadella” aveva detto qualcosa di sensato, nel momento in cui aveva indicato un calo sotto il 50 per cento di astensionismo un dato allarmante. Fatto è che gli emiliani ed i romagnoli a votare non ci sono andati; le associazioni bocciofile, i circoli per anziani e di partito, quelli dove si gioca a briscola e si beve lambrusco, hanno votato per disciplina di appartenenza, eleggendo a presidente della regione l’uomo indicato dal segretario (che è anche Premier). La verità vera è che al PD, a quello di Matteo Renzi, non interessa più “smacchiare il leopardo”; che si tenga pure le sue macchie sul mantello; e non solo le macchie. Ad essere stato bocciato, massicciamente in Emilia-Romagna, e da quella parte avveduta dell’elettorato calabrese, è stato il “Patto del Nazareno”. E’ come se la gente si fosse rifiutata di guardare un programma in  tv che andava di moda e mieteva clamorosi successi nella notte dei tempi; come lo “Zecchino d’oro” . Nessuno lo ricorda nemmeno più quel programma, tantomeno chi fossero i suoi protagonisti; c’erano Topo Gigio”; “Mago Zurlì” e  il mitico “Richetto” lo scolaro pluri -ripetente. Ora qualcuno in Italia pretende di mandare in onda il “patto del Nazareno” con Silvio Berlusconi nella parte di “Mago Zurlì” e Matteo Renzi in quella di “Richetto”. Una sorta di remake televisivo traslato in politica; che la gente non vuol guardare. Sicché, il 23 novembre, massicciamente in Emilia-Romagna e un po’ anche in Calabria, gli elettori hanno spento la tv.

 

Antonella Policastrese