Crisi dei migranti: a noi tocca il fumo alla Francia l’arrosto.

 

Brucia sentirsi trattati come l’ultima ruota del carro. La crisi dell’immigrazione ci sta costando cara e a guadagnarci nell’affaire sono organizzazioni dedite al trasporto dei migranti, puntualmente sbarcati sulle nostre coste.  A provocare tale scompiglio, la Francia,  che sotto la presidenza Sarkozy, insieme all’Inghilterra, è intervenuta in Libia per far fuori  Gheddafi, destabilizzando il paese, attualmente diviso in due e governata da Sarraj e Haftar. Un intervento che ha aperto le porte ai profughi diretti tutti sulle nostre coste. Secondo una notizia di TgCom24 notte sono 800 mila i migranti ammassati in Libia pronti a invaderci e pur tuttavia, essendo incandescente la situazione, a rimetterci saremo noi Italiani. Minniti lo sa bene e forse per questo ieri, in un vertice con le organizzazioni non governative e i funzionari del Viminale, ha messo a punto  un codice di condotta  articolato in vari punti che le Ong dovranno rispettare. Peccato che le Ong non vogliano recepire il messaggio rispedito al mittente per violazione delle  leggi del mare. Secondo le Ong l’Italia deve rivolgersi agli altri paesi europei, dal momento che non è ascoltata. E che l’Italia sia stata messa all’angolo non c’è bisogno di zingara per saperlo. A noi rimane la patata bollente in mano mentre Macron ha convocato il 25 luglio tra Sarraj e Haftar, i due uomini che governano in Libia, un summit in Francia, limitandosi ad un laconico ringraziamento per l’Italia impegnata in prima linea nella crisi dei migranti. Non si capisce bene cosa sortirà l’incontro tra il generale Haftar e il premier libico Al-Sarraj riconosciuto come presidente dalla comunità internazionale; per il momento da parte dei due c’è l’impegno di una tregua tra le diverse fazioni per arrivare ad elezioni nella primavera del 2018. La pacificazione dovrebbe porre un freno a questo continuo esodo dei migranti che dall’Africa raggiungono in massa le nostre coste. Ma se nella crisi migratoria siamo noi ad essere esposti in prima linea, perché la nostra esclusione dall’incontro? Certo, per Macron è mettere un piede in a mollo nel territorio libico per puntare al petrolio e riportare la Francia agli albori del periodo coloniale. E che la politica di Macron sia tutta tesa a ridare grandezza alla Francia lo dimostra la sua presa di posizione in questa crisi e nel respingere i migranti economici che al momento non possono essere accolti per una miriade di motivi. In compenso ci siamo noi, i nuovi “Giufà” della situazione, abbandonati a gestire un problema di non facile soluzione e che sta determinando lo sbriciolamento di un tessuto sociale ridotto al lumicino. Per quanto le voci di amplificazione del sistema facciano di tutto per raccontarci che il PIL sale, una cosa noi italiani l’abbiamo capita: c’è una nuova forma di economia che porta benessere a chi si occupa di accoglienza e può usufruire di finanziamenti e di Sprar elargiti da un’Unione Europea disposta a pagare ma non accogliere dentro i suoi confini i migranti. Certamente chi è stanco d’accogliere, a causa dei disagi che le popolazioni civili devono vivere, non viene definito razzista, leghista, xenofobo ma al contrario si rispettano le loro ragioni, al contrario di quanto avviene in Italia. In un piccolo Paese dei Pirenei una comunità non vuole 85 migranti mentre a Calais i migranti vengono respinti con il peperoncino e sostanze urticanti per rispedirli indietro. E c’è di più. L’alta Corte Europea di fronte a questi flussi eccezionali ha decretato che la domanda d’asilo deve essere fatta nei paesi in cui avviene lo sbarco e che il regolamento di Dublino non si tocca. Un’Europa dunque che ci ha scambiato per lo zimbello del mondo, e che importa se i nostri giovani partono e vanno via in cerca di fortuna? L’importante è che gli stranieri rimangano in Italia per essere integrati e assistiti, mentre per noi le porte dell’inferno si sono aperte da un pezzo. Italia paese di Mafia e le mafie sui migranti si ingrassano.