Crotone all’ultimo stadio

 

Articolo pubblicato su il crotonese del 20/9/2016lavori_stadio

 

Che su Crotone e sulla sua squadra di serie A si sia abbattuta puntuale la “Maledizione di Pitagora” parrebbe che non esista più alcun dubbio. L’ascesa della squadra locale verso l’olimpo del calcio è stata di gran lunga meno faticosa di questa discesa verso l’inferno della coesistenza tra archeologia e stadio adatto a ospitare un campionato di Serie A. Vieppiù , coloro i quali  hanno reso possibile l’avverarsi di quell’antico sogno della tifoseria crotonese, sono tornati a doversi difendere in tribunale per cose che riguardano la loro attività imprenditoriale. Non è proprio un bel momento, laddove si aggiunga che della vicenda stadio-archeologia se n’è occupato addirittura il Corriere della sera, con un articolo di Gian Antonio Stella. Di sicuro il Crotone calcio, andando di questo passo, a prescindere dal valore dei suoi calciatori, non vincerà il campionato, ma speriamo di cuore che in serie A ci resti e che possa affrontarlo con più serenità negli anni a venire. La vicenda di estrema attualità è dunque quella legata all’ampliamento dello stadio Ezio Scida e alla costruzione di una tribuna. L’opera va avanti, e presso il cantiere ogni giorno sono più i curiosi che stanno lì a guardare l’avanzamento dei lavori che gli operai addetti a completarli, intanto che inesorabile il calendario degli incontri di calcio  perde i suoi fogli lasciando il Crotone a zero punti in classifica.

Che l’Italia viva più di calcio che di archeologia, è un dato di fatto, ma che Crotone, grazie all’archeologia, possa ritrovarsi in attivo di un solo euro è oramai fantascienza. In ordine di tempo, a schierarsi contro la posa di una tribuna, sia pure rimovibile, sull’area archeologica dove sorge lo stadio, è l’Associazione nazionale archeologi. Si aspetta una relazione ministeriale in merito, che avrebbero dovuto redigere degli ispettori ministeriali spediti a Crotone il 31 agosto scorso. Però la tribuna svetta altissima e imponente sotto la collina del “Gladio”. Sarà durissima tirarla giù una volta completata e soprattutto senza che, una volta sgomberata l’intera area dello stadio,  non un solo ciottolo della antica Crotone riemerga dalla polvere e venga degnamente valorizzato. Perché la riemersione costa, per la tutela ci vogliono ancora più soldi; per la valorizzazione occorrono miliardi. Ma poi cosa c’è di tanto importante e imponente sotto quella tribuna ? Per alcuni lì sotto giace l’agorà della colonia magno-greca, per altri, che in passato hanno scavato, null’altro che il quartiere ceramico della antica Crotone; due aree di notevole interesse archeologico, dove il convivere tra passato, presente e futuro dovrebbe essere auspicabile, ma che in altre occasioni, se così stanno le cose, hanno subito la terrificante violenza di pilastri in cemento conficcati nelle loro viscere. Almeno sino al 1981. Perché l’ospedale fu completato nei primi anni 70; la curva nord dello stadio fu realizzata circa  trenta anni dopo, e così il reparto di microcitemia dello stesso ospedale. Di reperti altrochè se ne vennero alla luce; ma si andò avanti,furono lasciati dove erano;  si trovarono delle vie di mezzo per far convivere espansione edilizia con preesistenze archeologiche; il classico vedo-non vedo costituito da griglie in metallo e parti di fondamenta a faccia vista, ha recitato sempre un ruolo importante nella storia dell’edilizia crotonese; da palazzo Foti su via M.Nicoletta a Palazzo Messinetti su via V.Veneto, dall’area BPC sino al parcheggio del Granaio. Ma sono davvero pochi i casi in cui un progetto per edificare sia stato stravolto per rispettare dei vincoli archeologici, paesaggisti e ambientali, qualora fossero sempre esistiti. Se volessimo stare dietro a vestali e prefiche dell’archeologia crotonese, dovremmo demolire l’ospedale, la sede dell’Inps, il municipio; radere al suolo tutti i palazzi da via Telesio sino a fondo Gesù; dal quartiere Marinella sino alla collina del Castello. Il tutto alla ricerca dell’ “Agorà perduta”. Una agorà che, stando a quanto dice Roberto Spadea, che ha condotto praticamente tutte le campagne di scavo a Crotone e dintorni, più intensamente di quanto fece Paolo Orsi, non giace sepolta sotto la costruenda tribuna rimuovibile dello stadio Ezio Scida. A questo punto si potrebbe aprire l’antico libro dei ricordi e il taccuino della aberrazioni del presente; ma alla gente interessa sapere se la Juventus, l’Inter, il Milan, la Roma, i Napoli verranno a giocare a Crotone; in quel caso una pur esigua parvenza di ripresa economica la si vedrà; da “ Geniuzzo” sino a “Zio Tonio” sarà tutta una cordata di salsicce alla brace; i venditori di palme a Pasqua; di crisantemi per il 2 novembre; di mimose per l’8 marzo e di mastazzoli per la Festa della Madonna, saranno lì davanti allo stadio a vendere bandiere e vuvuzela e qualche famiglia crotonese in più avrà la possibilità di mettere companatico nel pane. Perché la possibilità di garantire lavoro puntando sull’archeologia, sulle bellezze del territorio, sull’amenità dell’ambiente e della costa  ce la siamo cominciata a giocare da un secolo a questa parte, dall’edificazione di palazzi più alti del castello, sino alla cementificazione della via per Capocolonna per edilizia residenziale e non alberghiera, per come era stata previsto dal piano regolatore. L’ultimo treno che dovrebbe arrivare  è quello che transita per l’”Antica Kroton” dietro le ex fabbriche. Ma di quello si sente il fischio nell’aria da almeno dieci anni  e quand’anche arrivasse, giungerebbe in un luogo dove ai tempi dei coloni greci c’erano campi da coltivare, povere capanne, galline, capre e pecore. Si dice che la produzione di pecorino crotonese risalga a quell’epoca, eppure anche questa ultima antica tradizione si va perdendo; da qui, dunque, l’antico detto: “Crotone ha perso gli occhi e va in cerca delle ciglia”. Insomma: è all’ultimo stadio…

 

Antonella Policastrese

 

 

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