Crotone: continua la moria dei posti di lavoro

 

 

Riprende  la protesa dei tre operai ex Akros per avere un posto di lavoro. Dopo essere scesi dalla gru, raggirati con promesse irrisorie, date le circostanze economiche, i tre lavoratori hanno guadagnato posto su quel mostro metallico  situato a 30 metri d’altezza e per lo più pericolante. Non scenderanno se prima non avranno uno straccio di contratto in mano; novembre come data sembra troppo lontana nel tempo per chi deve  vivere giorno per giorno. Aspettare la differenziata, mentre le bollette e la fame non aspettano,è un po’ come dire a questi padri di famiglia di congelarsi e risvegliarsi quando la situazione si sarà sbloccata. La crisi del lavoro a Crotone non ha precedenti nella storia di questa città; basta dare un’occhiata in giro per accorgersi che, nonostante siamo a luglio, la città non decolla a  discapito di attività commerciali e ristorative esigue che quest’anno alla fine dell’estate dovranno fare i conti con perdite colossali, con un turismo fantasma e poca gente in giro, nonostante il caldo e un mare triste e solitario. Facendo un po’ di conti ci rendiamo conto che, in linea con gli standard nazionali, in  città lavorano le associazioni del volontariato dedite all’accoglienza, segno di business che gira in una sola direzione mentre i giovani sono in balia di se stessi, anche a  causa di famiglie che non riescono a garantire più nulla, nemmeno l’esistente. Lo abbiamo detto e ritorniamo a dirlo: i tre operai sospesi su una gru che chiedono disperatamente lavoro sono il simbolo di un malessere che, se non indagato e analizzato, potrebbe ripercuotersi come un boomerang sull’intera città. Crisi ,il mantra che sentiamo ripetere in continuazione, ma forse per superare questo momento di difficoltà si potrebbero azzerare i consigli d’amministrazione dell’ Akrea, risparmiare su stipendi congrui dati alle alte cariche e utilizzarli per avere più manodopera e gente che lavora. In questo momento siamo in ballo tutti e di conseguenza la solidarietà o la si applica veramente o di quella legata agli sbarchi non sappiamo che farcene, dal momento che accedere agli Spraar per i comuni vuol dire investire una parte di quattrini del proprio bilancio  per usufruire dei finanziamenti europei. Roba da matti verrebbe da dire, ma se c’è buona volontà si potrebbe fare ancora di più per la nostra bistrattata città, che potrebbe rimettersi in moto con squadre di gente impiegata per curare il verde o pulire le vie più in profondità, con ricadute occupazionali che metterebbero in circolazione la flebile economia. Il tempo delle parole è terminato. Urgono risposte senza menare il can per l’aia. Si deve vivere e per vivere c’è bisogno di respirare e mangiare amando il nostro territorio senza lasciare che finisca in qualche discarica.