Crotone: la vita di tre uomini appesa al filo di una gru

 

 

La vita di tre uomini appesa a un filo, in bilico su una gru dove si sono barricati salendo ancora più su. Oggi 8 luglio, faa caldo a Crotone, c’è un’afa da toglierti il respiro e rimanere abbarbicati su un mostro metallico non è conveniente, perché il sole picchia e di brutto. I tre operai ex Akros chiedono e vogliono garanzie. I tempi burocratici per aspettare i soldi dalla Regione,  per far partire la raccolta differenziata, stridono con i bisogni quotidiani, sono per loro una montagna troppo alta da scalare e infatti non mollano. Certo è che chi ha avuto un trascorso di lotte operaie dovrebbe ben capirla la situazione e agire in tempi brevi, ricorrendo magari a qualche forma di solidarietà, mettendoci del suo. In fondo la solidarietà scatta in situazioni simili e in questo momento poi di crisi profonda si deve fare di più di quanto si può per ovviare alle difficoltà contingenti di padri di famiglia che non possono, né vogliono soccombere. In questo preciso momento non si può dire a nessuno “dentro tu e fuori un altro” e chi ha tanto lottato dovrebbe rifuggire da una tale logica perversa attivandosi, invece di lasciare dichiarazioni fuorvianti. Nessuno intende buttare benzina sul fuoco e d’altronde se le cose che non vanno si mettono in evidenza non è per gettare discredito ma per cercare di arrivare a delle soluzioni.

Crotone poi quest’anno dovrebbe aspettare che quest’estate finisca e attendere il sopraggiungere di un’altra per fare il resoconto di una stagione estiva davvero al limite. Turismo, navi da crociera, crocieristi che quando arrivano sono accolti da gruppi folk e portati a visitare bancarelle allestite all’uopo per regalare i prodotti tipici della nostra terra senza che nessuno compri o vada in giro per la città. A sentire le dichiarazioni dei commercianti nessuno compra niente e nelle pelletterie non si smerciano nemmeno i campioncini perché è come aspettare un cliente sulla porta mentre il vino diventa aceto.

Cultura, si parla tanto di cultura ma quella del lavoro che fine ha fatto? E’ diventata una bestemmia pronunciarla attivarsi per farla decollare o è cultura ciò che genera un profitto per pochi mentre stiamo andando a sbattere letteralmente sugli scogli?

Si vede in giro molta approssimazione e non si può nemmeno parlare, perché i guru, coloro i quali ricoprono uno status, redarguiscono i malcapitati cominciando a sciorinare le loro ragioni che, guarda caso, non coincidono con i bisogni delle masse.

Per farla breve tre operai scippati del loro lavoro, spogliati della loro dignità attendono risposte. Non si può pretendere che a loro arrivi solo il fumo di lauti e prelibati arrosti mentre le loro pance e quelle delle loro famiglie borbottano per fame.