Crotone: sciopero di lavoratori ex Akros nell’indifferenza della città

 

 

 

Succede a Crotone che, tra l’indifferenza di una città, un giorno i lavoratori dell’Akros si alzino  per andare a lavorare e trovino il cancello sbarrato perché la stessa Akros, società mista pubblico-privata,  non esiste più. Fallita senza remissione di peccati con operai sull’orlo di una crisi di nervi. L’Akros si occupava di rifiuti civili, industriali speciali  e raccolta differenziata;  dichiarata fallita nel  2016 si è reso necessario un accordo con il comune di Crotone e Akrea per assorbire i lavoratori, esattamente 28 da assumere subito e nell’arco di due anni i rimanenti 62. L’abbozzo di programma,  firmato con le maestranze sindacali, sembrava aver messo al riparo i posti di lavoro di tanti padri di famiglia che al mattino si alzano per assicurare un pezzo di pane ai loro figli. Si sa che la crisi ha messo in ginocchio tutti, ma Crotone, che ultimamente sta vivendo la pagina più nera della sua storia, non può permettersi nessun licenziamento poiché al sud le crisi sono ataviche, ragion per cui quella odierna condanna il nostro tessuto sociale all’indigenza di tanti cittadini che non sanno che pesci prendere. Purtroppo a causa di una raccolta differenziata mai partita l’intesa oggi risulta monca e a pagarne le spese sono i lavoratori. Ad aver garantito invece la propria poltrona il presidente di Akrea, vecchio arnese della politica che con gimcane spericolate si è sempre salvato grazie ad una politica clientelare che salva i potenti e condanna i piccoli. Gli accordi da queste parti sono siglati per essere disattesi se a tutt’oggi, come dicevamo, i dipendenti della fallita società vogliono  risposte  in merito alla proposta  firmata nel 2016 che prevedeva l’assorbimento di 62 dipendenti dell’Akros in Akrea . Per reclamare un ricollocamento è dal primo giugno che i dipendenti stazionano davanti al palazzo comunale sia di giorno che di notte, anche perché le 62 maestranze sono andate in mobilità e gli ammortizzatori sociali sono in scadenza. Gli operai non potranno nemmeno usufruire della Naspi (nuova assicurazione sociale per l’impiego) poiché all’Inps non è stata versata nemmeno una quota, ragion per cui si protesta ad oltranza facendo anche lo sciopero della fame. Nonostante ciò la loro protesta passa nell’indifferenza generale di una città che sembra non aver sentore di quello che sta succedendo e non c’è da stare allegri, perché quanto capita a loro potrebbe succedere a chi campa di lavoro sempre più precario, che rischia di mandare a gambe all’aria quel minimo di realtà produttiva che forse esiste…Quando si deve mandare avanti una famiglia, pagare le bollette, garantire il minimo ai propri figli non c’è da stare sereni , anzi si finisce in una specie di baratro da cui è difficile risalire. Per chi non lo sapesse uno degli scioperanti si è sentito male per lo sciopero della fame, ma appena dimesso dall’ospedale ha ricominciato a farlo. D’altronde vivere senza dignità, non poter avere una quotidianità fatta di piccole cose come apparecchiare la tavola a pranzo e a cena, è già morire, è già essere sulla riva dell’Acheronte pronti per essere trasportati nell’inferno. Non è così che può andare la cosa, e certamente non si vive solo di pub, eventi live fino a tarda ora anche perché in questo paese siamo rimasti isolati per mancanza di trasporti inesistenti e non c’è nessuno disposto a spingersi fin quaggiù. Uno straccio di vita normale è necessario delinearlo prima che la guerra contro la fame e il degrado umano abbia il sopravvento sul resto. Non si arriva da nessuna parte  se non si riescono a dare risposte a tanti poveri cristi e, a questo punto, togliessero quegli spocchiosi consigli d’amministrazione come quello di Akrea dove chi occupa una sedia si abboffa sulla pelle di noi miserabili.