Cutro:C’è chi deve sapere e chi non sa

Non si placa la tempesta mediatica su Cutro e la comunità di cutresi residente in Emilia Romagna. Dopo la relazione di “Libera”, l’associazione di Don Ciotti, sul radicamento della criminalità di stampo mafioso nella provincia emiliana, interviene Claudio Fava, vicepresidente della commissione parlamentare Antimafia. Egli , parlamentare eletto nelle liste di Sel, ma attualmente sostenitore del governo di Matteo Renzi, in una conferenza tenutasi nei giorni scorsi a Reggio Emilia, è tornato sulla opportunità che il sindaco di Brescello, Marcello Coffrini, dia le dimissioni da primo cittadino. E’ una questione che va avanti da mesi, quest’ultima, cioè da quando il sindaco del paesino di Don Camillo e Peppone, avrebbe detto un gran bene di Francesco Grande Aracri, fratello di Nicolino e residente proprio a Brescello. Il caso di Cutro, come enclave della n’drangheta in terra emiliana, è deflagrato con l’operazione condotta dalla Dda di Bologna, denominata “Aemilia”, che nello scorso gennaio ha portato a 161 tra arresti e fermi di affiliati al cosiddetto “clan Aracri”. Personaggi di spicco della criminalità organizzata, ma anche fratelli del presunto boss Nicolino; imprenditori calabresi; giornalisti; politici;  per finire al papà del calciatore Giaquinta, anche egli originario di Cutro. Nel corso delle indagini erano stati ascoltati decine di testimoni e di persone informate sui fatti, nonché protagonisti della politica italiana, tra i quali l’ex sindaco di Reggio Emilia e attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. Questi fu ascoltato per via di una sua visita risalente al 2009, da primo cittadino del capoluogo emiliano, a Cutro in occasione della festa del paese. Il dato comune tra la relazione di “Libera” e l’intervento del vicepresidente della Commissione antimafia, Claudio Fava, verte sulla presenza, non del tutto chiarita, ma comunque giustificata, del Sottosegretario Delrio a Cutro nel 2009. E siccome avanzare delle ipotesi non del tutto limpide e disinteressate, circa i rapporti tra l’ex sindaco di Reggio Emilia e le famiglie cutresi, sarebbe puro azzardo, visto il ruolo oggi ricoperto da Delrio, ecco allora che è gioco facile tornare a chiedere le dimissioni di Marcello Coffrini da sindaco di Brescello, reo di aver detto che Francesco Grande Aracri è una persona educata e dal comportamento irreprensibile. Si sbagliava il sindaco, secondo Fava, e non poteva non sapere chi fosse quel cittadino cutrese, che all’epoca del pubblico elogio, pare stesse organizzando, assieme ai propri congiunti, per ordine di Nicolino Grande Aracri, nientemeno che l’uccisione di Giannetto Speranza, sindaco di Lamezia Terme. E dunque, c’è chi può non sapere e chi non può non sapere. Il primo caso riguarda Graziano Delrio, il cui nome, nella qualità di vice di Matteo Renzi, non può neppure lontanamente essere accostato alle vicende cutresi ed ai suoi protagonisti.  Quando Delrio nel 2012 depose dinanzi la Dda in merito alla sua visita a Cutro, affermò  di sapere che c’è un uomo che risponde al nome di Nicolino Grande Aracri, legato alla criminalità organizzata, ma di non conoscere quale  fosse il suo paese di origine. Se Delrio si recò a Cutro nel 2009, evidentemente è perché stimava i cutresi e ne apprezzava  l’operosità in campo lavorativo; cosa che comunque nessuno potrà mai mettere in discussione. Il suo fu dunque un pubblico attestato di stima, niente di più lontano da una “captatio-benevolentiae”  a fini elettorali presso i congiunti di una numerosissima comunità di cittadini cutresi residenti a Reggio Emilia, quantunque Delrio, all’epoca della visita, fosse ricandidato a sindaco. E dunque, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio è degno di credito a prescindere, nonostante egli sia uno dei demolitori della Costituzione italiana insieme al suo diretto superiore e ai suoi colleghi ministri. Però Coffrini è considerato una “merdaccia”, amico degli n’dranghetisti, e deve lasciare il posto da sindaco. Questa giostra va avanti da mesi. Frattanto si dischiudono le sbarre del “gabbio” per uno dei politici coinvolti dall’ondata di arresti dell’operazione “Aemilia”; quel tale Giuseppe Pagliani, ritenuto a diretto contatto con un altro cutrese trapiantato nel reggiano, Nicolino Sarcone. Per  Giuseppe Pagliani, all’epoca dei fatti capogruppo del PDL in consiglio provinciale, si è pronunciato per il proscioglimento il Tribunale del riesame un paio di giorni addietro. Chi lo avrebbe mai detto che la pace, per certi versi “dialettica”, della provincia reggiana descritta da Giovanni Guareschi ai tempi di Peppone e don Camillo, si sarebbe trasformata in una realtà degna della Chicago degli anni Trenta. Una pace che ora si pretende essere messa in serio pericolo da un gruppo di immigrati venuti da un altura della provincia crotonese, diventata negli anni un numerosa comunità di onesti e laboriosi cittadini perfettamente integrati. Nel “caso Cutro”, dopo i recenti fatti di cronaca, che hanno avuto e hanno ancora risalto a livello nazionale, stride il fatto che non si sia fatto mai menzione di eventuali “mele marce”, ma di un vero enclave che avrebbe pesantemente condizionato l’imprenditoria sana della provincia di Reggio Emilia. Persino un noto cabarettista catanzarese cita i cutresi di Reggio in una sua gag. Un tizio butta  giù dal finestrino di un treno in corsa un passeggero, esterrefatti i viaggiatori gli chiedono cosa mai abbia fatto e quello candidamente risponde: “era di Cutro; u sa quanti n’davimu i chisti a Reggio Emilia !” . Leggende metropolitane, realtà giudiziarie e abbreviazioni mediatiche, si confondono, ma spesso si coprono di grottesco. Perché non vi è nulla di più grottesco di questo pedestre distinguere, in virtù del grado di appartenenza al potere, tra chi non poteva non sapere e chi non sapeva realmente; cioè tra Marcello Coffrini, sindaco di Brescello, e Graziano Delrio, vice di Matteo Renzi.