Diritti

I sindaci italiani, da Pisapia a Fassino, disobbediscono; ed è una vera notizia questa. Ma non al patto di stabilità, che impedisce loro di pagare i debiti contratti e di far funzionare i servizi ed il welfare. Loro si oppongono, suscitando tanto clamore, all’ordine impartito alle prefetture, da parte del ministro Alfano, di vigilare a che i comuni non trascrivano sui registri dell’anagrafe i matrimoni tra gay contratti all’estero. Parrebbe che l’Italia sia a corto di argomenti più seri e che goda ottima salute su tutti i fronti, se i riflettori della vita politica sono tutti puntati sulla questione di esseri umani dello stesso sesso che vogliono contrarre matrimonio; avere/adottare/riconoscere  figli e godere degli stessi diritti delle famiglie. A sentire le parole di qualche parlamentare, non è giusto che, in una famiglia omologata (dal matrimonio tra uomo e donna) un coniuge abbia diritto alle detrazione fiscali per il mantenimento dell’altro coniuge che non lavora, mentre alle coppie gay tale diritto non è riconosciuto per niente. Dovrebbe provvedere la fiscalità generale, secondo un noto parlamentare gay del PD, ad equiparare quel diritto, conferendo detrazioni fiscali (nemmeno 60 euro mensili in media)  all’uomo che è sposato con un altro uomo o alla donna che ha scelto come compagno di vita un’altra donna. In un paese normale, in un mondo normale andrebbe detto a chi conduce queste battaglie, di provvedere in solido, nel senso che nulla impedisce a una coppia gay di andare davanti al notaio e stabilire le regole, soprattutto future, della propria convivenza: l’assegno di reversibilità; le volontà testamentarie e quanto altro è alla base di quel diritto di famiglia applicato alle famiglie propriamente dette e quantomeno alle coppie, formate da un uomo e da una donna, che contraggono matrimonio. Mentre si discute e addirittura ci si accapiglia, con tanto di scontri in piazza, per legalizzare i matrimoni gay, ci si accorge che nessuno in Italia vuole o può sposarsi, tranne i gay, appunto. Chi vorrebbe farlo, creando un nuovo nucleo formato da uomo e donna, non può, perché non ha lavoro e prospettive, e chi potrebbe non vuole, perché il futuro terrorizza chiunque. Hanno dunque coraggio i gay che stanno facendo tutto questo clamore intorno alla loro necessità di sposarsi; loro forse possono perché hanno lavoro, soldi e prospettive: che siano anche loro una lobby ? Niente di male, in una società civile ognuno ha diritto all’autodeterminazione; l’Italia è il paese delle lobby, eppoi la conformazione del tetto coniugale è ad esclusiva scelta di chi ci abita. Il problema che rimane sul tappeto è un altro: queste discussioni di lana caprina, si potrebbero rimandare a dopo che l’Italia sarà uscita dalla crisi ? Si potrebbe evitare che l’argomento divenga motivo di scontro in Parlamento e che dia un’altra occasione a Matteo Renzi (tipo cancellazione del Senato e articolo 18) per  menare il can per l’aia, in attesa che passino i mille giorni di governo che si è auto-assegnato ? Perché se si continua su questa strada, nel perdurare della crisi e in questa fase di deflazione, non ci saranno più famiglie e allora si che i preti e gli ufficiali di stato civile avranno tempo a dire basta nel registrare il fatidico si di persone dello stesso sesso. Evviva gli sposi, auguri e figli maschi dunque…

 

Antonella Policastrese