Falcone e Borsellino: eroi di questo tempo che non ha pace.

19 luglio 1992. In una calda giornata estiva paolo Borsellino venne ucciso sotto casa dell’anziana madre, a causa dell’esplosione di una macchina parcheggiata sotto quella abitazione. Un atto di guerra contro un eroe delle istituzioni che ha sempre lottato strenuamente per la difesa della libertà e di uno Stato che ancora oggi non riesce a rendergli giustizia. Amarezza, sconforto da parte dei figli del giudice, che crescendo e andando avanti pretendono la Verità, ma fin’ora ci sono stati solo depistaggi, falsi pentiti per far trascorrere il tempo e stendere l’oblio su una vicenda che ancora oggi interpella le nostre coscienze.

Molte le anomalie e i paradossi a cominciare da un’agenda rossa, sulla quale il magistrato appuntava ogni cosa, sparita e mai più ritrovata, indagini ferraginose, per finire con  celebrazioni che si ripetono ogni anno  e su cui puntualmente sembra calare l’oblio. Borsellino era un magistrato, una mente pensante, un uomo che dopo la morte del suo collega Giovanni Falcone aveva capito bene che il prossimo bersaglio sarebbe stato lui, pur tuttavia non si è arreso, ha continuato fino alla fine nel suo cammino per piantare i semi della legalità, importante a suo dire per sconfiggere la mentalità mafiosa.

Aveva ragione Paolo Borsellino a sottolineare come concetto basilare la legalità, perché solo rispettando le regole si ha la possibilità di ripristinare un minimo di Giustizia e Verità.

Basterebbe guardare nelle nostre realtà quanto quel seme  non abbia attecchito e come quella   pianticella  interrata ogni volta venga  estirpata da mani adunche, sporche, che mal sopportano la fioritura di un fiore rosso in un campo di banani.

Se prendiamo ad esempio quanto successo a Crotone la settimana scorsa con locali chiusi, per via di mancanza di  permessi per  usufruire di suolo pubblico, ci si rende conto di quanta strada c’è ancora da fare per affermare principi semplici, chiari come l’acqua cristallina, ma percepiti come una minaccia per chi ha in testa solo affari da portare avanti, non importa in che modo, tanto tutto fa brodo.

Le mafie si ingrassano e si rigenerano là dove ci sono soldi e se in un momento come questo ci si accontenta delle loro briciole tacendo e piegandosi alla logica “del tengo famiglia” quelle famiglie diventeranno sempre più granitiche e difficili da smantellare.

Il testimone della lotta alla mafia, dopo la morte di Falcone e Borsellino, è stato raccolto in Calabria da un giudice che conosce fin troppo bene i meccanismi di una criminalità che si è europeizzata e globalizzata.

Stiamo parlando di Nicola Gratteri e di magistrati che stanno infliggendo un duro colpo alla ndrangheta con sequestri di beni da consegnare alla società civile. Il più delle volte si tratta di beni mobili e immobili, aziende con disponibilità finanziaria rispondenti a dei prestanome, terreni edificabili ed agricoli ed affari che si estendono anche in altre zone dell’Italia e non. Giri di affari vertiginosi che stanno distruggendo quel minimo di tessuto economico sano, decretando la morte di territori dalle enormi potenzialità ma che purtroppo sono appestati da gente senza scrupolo. La recrudescenza di questo fenomeno mafioso la stiamo registrando a Crotone, con una mafia di importazione del circondario alla ricerca disperata di attività per portare avanti i loro loschi affari.

La Calabria come il Medio Oriente. Crotone diventa un territorio da razziare con attentati che rasentano la strage. E’ successo circa una settimana fa che una pizzeria situata sotto un palazzo sia stata fatta saltare con modalità che si ripetono:  taniche di benzina situate all’interno dei locali presi di mira che rischiano la strage per ignari passanti o abitanti del luogo. Mentre scriviamo apprendiamo di un altro attentato compiuto in pieno centro cittadino ai danni di un centro scommesse e di un sequestro di una discoteca lungo la costa che, pur non avendo nessun permesso, fino alle tre del mattino ha mandato musica a palla violando la quiete e il riposo di cittadini vessati da queste continue prepotenze.

Da Falcone a Borsellino fino ad oggi per rendere omaggio a due eroi dello Stato, con altri magistrati in prima linea che non si risparmiano, c’è bisogno di una società civile che non demorda e che sia pronta a denunciare arbìtri anche nei palazzi istituzionali per allontanare dinosauri e mettere un limite ai privilegiati di un sistema duro a morire.