Le tradizioni di un popolo e il sentimento religioso che lo anima sono linfa vitale per i territori, testimonianza di una cultura popolare che va oltre il tempo. Abbiamo sempre detto che per un Crotonese la Madonna di Capocolonna, rappresenta un pezzo della propria storia, oltre che della propria identità. Narrare quello che si verifica ogni anno per i festeggiamenti della Patrona non è tempo sprecato o un pedissequo esercizio di stile; serve per capire cosa sta cambiando all’interno di una comunità a cominciare dalla devozione popolare. Abbiamo sempre saputo che sacro e profano convivono dentro lo spirito della festa della Madonna che si celebra durante il mese mariano e quest’anno poi i giorni che si accavallano, prima del pellegrinaggio, raccontano di una stanchezza, di una perdita di speranza che non lascia presagire nulla di buono. Cominciamo dalla collocazione della fiera: ha una sua valenza dislocarla in centro, poiché uno spazio fieristico fuori città non avrebbe lo stesso effetto, soprattutto per il fatto che la sua allocazione è nell’area adiacente al centro storico, luogo che tutti vogliono recuperare e rivalutare anche se alla fine rimane “ostaggio” di locali fulcro della movida notturna che poco hanno a che fare con i luoghi della memoria.Una Fiera dispersiva, con nessuna attrattiva rispetto agli anni passati,ma pur sempre attesa e voluta. La gente che aspetta questo periodo dell’anno evidentemente non ha potuto spendere come avrebbe voluto, poiché i soldi sono una merce rara per la massa estenuata e impoverita. La stessa cosa si può dire per le giostre che quest’anno erano desolatamente vuote rispetto agli anni passati, segno che i biglietti omaggio non hanno funzionato, perché pochi e utilizzabili per poco tempo. Chi scrive può testimoniare di un sabato sera, prima del pellegrinaggio, con pochi avventori, alcune attrattive chiuse e stand dove l’anno prima neanche potevi entrare e che apettavano l’arrivo della gente.Una moria senza precedenti, segno che tra tasse, balzelli, mancanza di lavoro, i soldi sono andati via, emigrati verso chissà quali lidi .Triste altresì accorgersi che la tradizione locale non alberga più sui giornali che non si sono mai risparmiati di raccontarla. Tutto ciò fa capire che quanto concerne l’uomo è “robetta’ da archiviare, la sua storia una parente scomoda, il cambiamento un segno negativo dei tempi che stiamo vivendo. La comunità crotonese è disorientata, ognuno vive nel proprio guscio, dimenticando che solo insieme si è comuntà. C’erano una volta gli antropologi, gli storici che non si risparmiavano di scrivere libri sulle tradizioni popolari, oggi quel mondo continua a rimanere sommerso, dimenticato, come se manifestare il proprio credo sia un peccato mortale. Non entro in merito alla devozione verso Maria. Ognuno la religiosità la vive individualmente: c’è un modo di sentire e di percepire il Divino che non è uguale per tutti. Certo è che un’ altra festa è passata e vedere dilapidare un patrimonio che ci ha sempre contraddistinto nei secoli fa male .
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