Se la speranza ti abbandona la vita vola via

 

 

images-giovaniMichele, trentenne friulano si è tolto la vita.Ha lasciato una lettera pubblicata dai genitori del giovane perché non cada nel vuoto. Dovrebbe diventare un vademecum per tutti noi, giovani e meno giovani. I meno giovani, colpevoli di aver consegnato un mondo alle nuove generazioni privo di speranza, e di punti di riferimenti.Per i coetanei di Michele che dovrebbero lottare e spingersi là dove solo le aquile osano. Non si può sopportare uno stato delle cose fatto solo di ingiustizie che emargina la maggioranza dei giovani e premia soltanto i pochi. Basta con i ladri di vite con gli speculatori di sogni. La vita è un bene troppo prezioso e quando si arriva a queste estreme conseguenze è perché ogni speranza è diventata come una bottiglia che si rompe in mille pezzi. Questa lettera dovrebbe interpellare le coscienze del partito dei bancheri, finanzieri ,che trascorrono il loro tempo per toglierci dignità e forza di reagire. La sua stanchezza dovrebbe essere la nostra nel mandarli tutti a casa. Non è possibile sopportare un governo che trascorre il tempo a tartassarci che parla del niente e fa legiferare persone che dovrebbero stare a casa da un pezzo. I giovani sono continuamente traditi. Si corre in aiuto della finanza, si controlla lo stato di salute delle banche e si lascia morire la parte più sana di una società che emargina le teste pensanti. Giovani costretti a lasciare l’Italia per fare i lavori più umili, poiché qui non trovano niente. Tutt’alpiù devono accontentarsi di un lavoro a nero, mentre il tempo inesorabilmente trascorre e si rimane con un pugno di mosche in mano.Sarebbe il caso di raccontarla questa realtà che stride priva di senso,che si rivolta contro i figli di nessuno!Bugie solo bugie. La mediocrità è l’unico metodo di valutazione. La meritocrazia è rimasta impigliata in un cespuglio di rovi soffocata dalle ortiche.Chi ha creduto nel cambiamento si è ritrovato inghiottito da un mare in tempesta, abbondonato persino dagli dei.E’ tempo di scardinare questo sistema che ha come travi portanti il privilegio e l’ingiustizia.

Qui di seguito la lettera letta sull’Huffington Post riportata oggi dal Messaggero Veneto.

 

Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.
Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.

Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.

Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.
Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.

A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.

Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.
Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.

Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.

Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.
Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.

Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.

Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.

Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.

Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.

P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.
Ho resistito finché ho potuto.

Michele