Pioggia(art pubblicato su “Il Crotonese)

 

 

maltempo-755x515Calabria, “sfasciume pendulo sul mare”. Una frase famosa di Giustino Fortunato, uno dei più grandi meridionalisti del secolo che affrontò, anche, il problema geologico della Calabria. Dopo cent’anni il suo studio rimane una pietra miliare, che ripropone in tutta la drammaticità le insidie di un dissesto congenito  che attanaglia la nostra regione ma che è andato accentuandosi per mano dell’uomo: disboscamento selvaggio e cementificazione in primis . Giustino Fortunato era scampato a un terribile terremoto, quello di Casamicciola del 1883, ma non era riuscito a evitare una coltellata  da parte di un contadino per motivi correlati alla sua attività di parlamentare. Forse era stato più dolce nel descrivere la terra di Calabria, quantomeno una parte di essa, Corrado Alvaro: “ N on è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque. I pastori stanno nelle case costruite di frasche e di fango, e dormono con gli animali… I torrenti hanno una voce assordante.” Cento anni di una solitudine che è andata affollandosi di chiacchiere, di promesse mai mantenute, di egoismi e avidità, di inganni e ruberie; di interessi personali e di stupidità. Ma loro, i pastori alvariani, sapevano di che pasta è fatta la natura e se ne guardavano bene dal gonfiare il proprio petto e sfidarla. Facevano bene, ma vivevano male lo stesso. Poi l’Italia unita distese le proprie membra sin quaggiù annullando, quantomeno nella forma, l’isolamento del Meridione e della Calabria rispetto al resto della nazione e anche le nostre antiche terre ebbero i loro presidi. Quanto bastava per affermare nelle terre dei lupi la presenza dello Stato, giammai quanto sarebbe servito per colmare ritardi epocali. Su 700 chilometri di costa, la maggior parte è interessata da fenomeni di erosione che non hanno nessun riguardo neppure per le aree archeologiche, a quei fenomeni si aggiungono quelli derivanti dalla cementificazione, dal consumo del territorio che così diviene ancora più fragile. Una volta la pioggia era bella, la neve fantastica; solo la grandine è sempre stata ritenuta una “merdaccia” ma questa dura poco ed è nemica soprattutto delle colture, ancorché, indirettamente, dell’uomo per via degli alimenti che distrugge. Ora una piovuta fa paura, una nevicata incute terrore; i corsi d’acqua sono come un balenare di sciabole; i torrenti assomigliano a serpenti che si srotolano mostrando spaventose spire. L’Italia tutta è il paese più bello del mondo; ma la bellezza è sempre adombrata dalla fragilità. Hanno cominciato nel 2011 ad alimentare una fragilità che era forte di suo, ma che adesso prevale sulla bellezza, quantomeno la deturpa nei suoi tratti essenziali che sono quelli paesaggistici. Perché nel 2011 dovevano salvarla l’Italia, con quel decreto di Mario Monti, il n. 201 del 6 dicembre 2011. Era stato individuato un nemico, il debito pubblico, generato, per esempio, dalle autorità di bacino e dai governatorati delle acque e, via discorrendo, dalle province che, guarda caso, avevano tra i proprio compiti istituzionali, la salvaguardia, la tutela e la gestione del territorio. Ebbene, alle province, che non sono mai state abolite, hanno tolto funzioni e denaro; molto denaro, ben 9 miliardi nell’ultimo biennio. Hanno tagliato a tal punto le risorse economiche di quegli enti che non hanno di comprare il sale neppure per condire l’acqua della pasta, figuriamoci per gettarla sull’asfalto per prevenire la formazioni di ghiaccio. E’ stato detto che le uniche turbine per far fronte all’emergenza neve del centro Italia le aveva la provincia di Pescara; una è stata messa a disposizione, l’altra giace in officina da un paio d’anni perché abbisogna di riparazioni e non ci sono i soldi per pagare i pezzi di ricambio. E’ stato detto a quel sant’uomo di Graziono Delrio che con la sua legge di riforma delle province ha fatto una cazzata tremenda e lui ha ribadito che coloro che non hanno senso dello Stato affermano questo. C’è differenza tra senso dello Stato e senso della vita, perché quello che sembra essere smarrito è quello della vita; salvo raccontare siffatte amenità ai terremotati dell’Italia centrale,agli alluvionati del sud, alle povere bestie che muoiono nelle stalle ed a quegli sventurati dell’albergo di Ricopiano. Andrebbe emessa fattura nei confronti di chi ha provocato tutto questo; per ripianare i danni patiti dal popolo italiano dal 2011 in poi; ma li avrebbero Mario Monti; Enrico Letta; Matteo Renzi e Graziano Delrio abbastanza  soldi per risarcire il danno ? Certo che no, ma possono sempre chiamare a corrispondere in solido coloro che li hanno indotti a sbagliare così clamorosamente e che siedono a Bruxelles.  C’è un qualcosa che sta facendo regredire il Bel Paese trasformandolo in un teatro di guerra per gli smottamenti, le frane, le mareggiate che puntuali arrivano e si portano dietro tutto quello che incontrano. Durante questi anni si è tagliato così tanto per risparmiare  da   aver abolito Enti importanti per la gestione del territorio, come le province ad esempio, le cui autorità di bacino provvedevano alla pulitura dell’alveo dei fiumi, e non solo. Quando le Province erano tali c’era una squadra di protezione civile su ogni territorio, deputata all’intervento in caso di necessità e bisogno. Aver centralizzato i servizi di prevenzione e protezione ambientale alle Regioni comporta difficoltà nel far partire i soccorsi a tempo debito e su strade prive di manutenzione a volte falcidiate da enormi buche dovute alla pioggia, se non allo scardinamento dei manto stradali obsoleti. In effetti è così che si è presentata la strada di Girifalco ridotta a lastre di asfalto mangiate, crollate e bisogna ritenersi fortunati se non ci sono state vittime. Piove ed è come se dovesse arrivare l’apocalisse nonostante gestione e manutenzione del territorio dovrebbero essere il primo pensiero di ogni amministratore locale e regionale. Aldilà degli annunci non si va e quando la realtà diventa visibile in tutta la sua crudezza oltre che trovare una pezza per giustificarsi difronte all’opinione pubblica si cominciano a sfogliare i libri delle Meraviglie…Era il 26 ottobre 2016 e il governatore della Regione Mario Oliverio aveva annunciato di aver sottoscritto un patto con l’ex presidente del Consiglio Renzi che prevedevano 400 mln di euro e previsto una task force sui rischi idrogeologi ed anche sismici, essendo la Calabria una terra ballerina, poiché come sosteneva Oliverio la difesa del suolo è uno dei temi più importanti per lo sviluppo della Calabria. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare se ad ogni fenomeno atmosferico che interessa la regione le fiumare si ingrossano e i torrenti straripano, così come successo a Strongoli  e a Rocca di Neto dove è crollato un muro di contenimento   nei pressi della scuola Corrado Alvaro, o il cedimento della carreggiata SS107 nel tratto che da S. Severina conduce a S. Mauro Marchesato. Basta che Giove Pluvio tuoni e l’acqua comincia a essere percepita come una  minaccia,per il fango che si forma per  le  tubature intasate  per gli  smottamenti e allagamenti che impediscono  la circolazione stradale.La Calabria cammina su una bomba ad orologeria dovuto al dissesto idrogeologico e a quattrini che non vengono investiti adeguatamente, poiché i finanziamenti si perdono in mille rivoli senza arrivare a destinazione. Ne sa qualcosa Carlo Tansi, alla guida della Protezione civile calabrese secondo cui per far funzionare bene l’ente mancherebbe all’appello una squadra di tecnici necessari per gestire le emergenze. Ingegneri, geologi architetti sono indispensabili per affrontare la fase emergenziale e preventiva in un territorio come quello calabrese. Nessuno si sogni di poter fare di questi enti un’armata Brancaleone,  per assunzioni clientelari. L’ambiente e tutto quanto ne concerne va messo al primo posto, in quanto non è possibile sprecare un patrimonio come quello che possediamo riducendolo all’osso o sfruttandolo per i propri interessi. Avere una visione del futuro, agire per essere efficienti quando ci sono calamità naturali in Calabria dovrebbe essere la priorità. Così facendo riusciremo a studiare i fenomeni che riguardano Crotone dal punto di vista geologico e scongiurare che finisca lentamente di  franare in mare. La cultura di una comunità si misura dal sapere tutelare il territorio. Le sfide del futuro si giocano su pochi ma basilari elementi.