Sanità

Può darsi che 60 chilometri di distanza uno dall’altro siano davvero troppo pochi per contenere due poli oncologici. E può darsi anche che per la Regione Calabria sia ancora troppo fresca la ferita del misero fallimento  della “Fondazione Tommaso Campanella”, istituto scientifico privato, appartenente alla Regione medesima e alla Facoltà di Medicina dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, fondato nel 2006. Nei giorni scorsi sono stati licenziati  172 dipendenti che lavoravano presso quella struttura per la ricerca e la cura dei tumori . Resta da capire cosa ci azzeccasse il termine “struttura privata” se quei lavoratori li hanno licenziati per il venir meno dei finanziamenti pubblici nel settore sanitario; secondo piani di rientro, tagli e razionalizzazione delle risorse imposti dallo Stato alle regioni. Un privato avrebbe potuto e dovuto intervenire se… Se fosse vero che la sanità è rimasta l’unica attività in grado di offrire dei servizi che si vendono da soli, che hanno un inesauribile “mercato” a prescindere da crisi e fasi congiunturali di qualunque natura. In questa ottica, cioè stante l’enorme distacco che esiste tra costi delle prestazioni sanitarie e capacità di spesa dei pazienti; chi ha soldi si cura e campa, chi non li ha si sdraia e giace. Può darsi che le politiche governative in materia di sanità pubblica tendano a porre in essere questo modello, che pure l’America di Obama ha relegato in soffitta, ponendo fine al ricatto delle sottoscrizioni di polizze assicurative, alla “John Q”, tanto per intenderci. Una volta si diceva che la mutua, dove per mutua si intenda il moderno Sistema Sanitario Nazionale, non passava quasi nulla agli ammalati; poi cominciò a passare qualcosina di più. Ma da quando, per “merito” di una intensa attività pubblicistica di giornalisti che hanno indagato sugli sprechi d’Italia, si è scoperto che una siringa a Milano costa un euro ed a Catania la siringa medesima costa settemila euro cadauna,  lo spettro dello spreco in materia sanitaria sta causando più danni di quanti pretendeva di evitarne. E per danni si intendano quelli arrecati a coloro che per mettere alla luce un figlio devono recarsi a chilometri di distanza; a coloro che muoiono per infarto prima di arrivare al presidio ospedaliero più vicino. Si intendano i danni patiti dalle povere anime di Dio che si ritrovano all’aeroporto di Malpensa una gelida mattina d’inverno, con solo un giacchetta indosso e una sacca di lurida tela appesa al braccio, in attesa che la navetta venga a prelevarli per condurli al San Raffaele di Segrate o all’Istituto nazionale dei tumori a Milano. Perché per quelle disgraziate creature, che giungono da tutta Italia sino in Lombardia, era previsto pure quel genere di servizio. Due poli oncologici tra Crotone e Catanzaro sono troppi ?  Indubbiamente si; soprattutto se non si differenziano tra loro per approccio diagnostico e offerta specialistica, ma soprattutto ancora se confidano entrambi nelle risorse finanziarie pubbliche destinate al comparto sanitario. Ma 60 chilometri appena potrebbero essere davvero pochi; una distanza più che accettabile,  se quei due poli; quello morente di Catanzaro (Fondazione Campanella) e quello nascente di Crotone (“Marrelli’s Hospital) fossero compartimenti specialistici di una stessa struttura; ognuno con i suoi addetti e quindi entrambi in grado di garantire con più efficacia quell’indissolubile binomio della vita che è salute e lavoro. Altrove l’esperimento è riuscito; per esempio è riuscitissimo alla Regione Friuli Venezia Giulia che ha fondato e istituito nel 1981 il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (CRO) uno degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) che operano in Italia in ambito oncologico. Purtroppo la struttura sanitaria privata crotonese non è nata sotto una buona stella, e neppure nel momento giusto. Il sia pure accidentale intrecciarsi tra disponibilità imprenditoriale di un privato che aveva la consorte in politica e le regole della stessa politica; tra il coincidere del naufragio del polo oncologico catanzarese e veti  tra soci di cui pare sia vittima quell’imprenditore, sta ritardando pesantemente la nascita del polo oncologico privato crotonese. Non è che per questo gli ammalati non intraprendono il loro cammino per andarsi a curare altrove o possano raggiungere un accordo transattivo con le proprie patologie, in attesa che il “Marrelli’s Hospital” apra corsie e reparti. Non si può e non si deve porre al centro di questa amara vicenda della struttura sanitaria crotonese il mancato ingaggio di unità lavorative, perché la salute viene prima di ogni altro diritto, compreso quello del lavoro. Quindi si dovrebbe riportare la pellicola di questo film qualche diaframma indietro e allora si capirebbe perché chiunque faccia  politica in Calabria, che sieda o siederà alla Camera o al Senato, oppure a Palazzo san Giorgio, è direttamente imparentato con i lupi. I lupi si cibano di tutto, di imprenditori soprattutto; forse perché in Calabria sono uno sparuto gregge, rispetto alla moltitudine di specie, e quindi facile da divorare; in tutti i sensi veramente. Non c’è dunque da fidarsi dei lupi e siccome stavolta, nel caso del nascente polo oncologico crotonese, ci sono di mezzo quattrini, congrui investimenti e soprattutto implicazioni di pubblico interesse, quali il diritto alla salute, bisogna trovare una soluzione che possa conciliare la disparità di interessi in gioco (quelli economici a parte) che prevedano la messa in rete di un sistema sanitario interprovinciale, pubblico/privato, la salvaguardia dell’esistente e l’accollamento, ciascuno per la propria parte, di quanto c’è di meno remunerativo nel settore della sanità, che è la gestione dei servizi d’emergenza e di pronto soccorso, arricchendo i protocolli standard dei servizi offerti ai sistemi di diagnostica per immagini, di cui i poli oncologici normalmente non possono non disporre. Ogni altra strada intrapresa, compresa la contrapposizione tra pubblico e privato, tra privato e privato,non porterà mai da nessuna parte.

Antonella Policastrese