uccidi la Speranza ed avrai creato un mondo di banditi

Ancora Cutro ed i cutresi sulle prime pagine dei giornali; soprattutto i cutresi residenti in Emilia Romagna . Eppure Cutro, nell’anno dell’Expo 2015, cioè del più grande evento mai organizzato sull’ alimentazione e la nutrizione, avrebbe potuto e dovuto avere il ruolo spettante al paese che produce il migliore pane del mondo. Ma Cutro è ancora “terra di banditi”; ventre gravido di n’drine, paese natale di feroci criminali che tengono sotto scacco l’imprenditoria del nord. Già, sotto scacco; perché Cutro è anche il paese degli scacchi, giacché era cutrese Giò Leonardo Di Bona, vincitore di una celeberrima partita nel 1575 contro Ruy Lopez de Segura che aveva in palio per la stessa Cutro l’ elevazione al rango di città e una esenzione delle tasse per venti anni, dovute al Re di Spagna. La più recente delle sortite mediatiche sfavorevoli, nei confronti della città e dei suoi abitanti,  proviene addirittura da Don Luigi Ciotti che, in un dossier annuale sulla criminalità organizzata in Emilia Romagna, redatto dalla sua associazione “Libera”, tira in ballo (per giustificarlo subito dopo) il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. L’attuale sottosegretario, da sindaco di Reggio Emilia dal 2004 sino al 2013, invitato dalla comunità di cutresi residenti nella sua città,  si recò a Cutro  nel 2009 in occasione dei festeggiamenti del “Santissimo Crocifisso” . Per tale ragione, visto che quella visita presso il luogo di origine di tantissimi  lavoratori residenti nella provincia reggiana, coincideva con la campagna elettorale per una probabile (e poi verificatasi) rielezione a sindaco, la DDA di Bologna, nell’ambito della cosiddetta  “Operazione Aemilia” nel 2012 volle ascoltare proprio Graziano Delrio. Non emerse nulla di provato e oggi, nel report di “Libera”, si rimprovera il sottosegretario di Matteo Renzi  di semplici “sottovalutazioni per nulla confacenti dal ruolo ricoperto”. Nello stesso dossier, redatto dalla associazione di Don Ciotti, è anzi precisato che  “Delrio è  sempre stato schierato in maniera decisa contro le infiltrazioni mafiose nella sua terra” e che  “alcuni profili criminali inerenti Cutro e le collegate vicende di ‘ndrangheta non gli erano assolutamente note”. Tra la cronaca di questi giorni, che fa della realtà cutrese e dei sui emigrati, una storia criminale, tornano alla mente le vicende che resero comunque, e suo malgrado,  famosa, o famigerata,  Cutro in Italia. Dalle pagine del dossier di “Libera” indietro nel tempo, sino al 1959, alle “Pagine corsare” di Pier Paolo Pasolini. Ecco cose ne diceva di Cutro il compianto scrittore e regista: “Vado verso Crotone, per la zona di Cutro. Illuminati dal sole sul ciglio della strada, due uomini mi fanno segno di fermarmi. Mi fermo li faccio salire. Mi dicono – questa è zona pericolosa, di notte è meglio non passarci; due anni fa, qui, in questo punto hanno ammazzato a uno…. Ecco, a un distendersi delle dune gialle in una specie di altopiano, Cutro. Lo vedo correndo in macchina: ma è il luogo che più mi impressiona di tutto il lungo viaggio”. In quei luoghi dalle dune gialle,  Pasolini tornò nel 1964 per giravi alcune scene de “Il Vangelo secondo Matteo”, appena cinque anni prima, egli così li descrisse: “È, veramente, il paese dei banditi come si vede in certi western. Ecco le donne dei banditi, ecco i figli dei banditi. Si sente, non so da cosa, che siamo fuori dalla legge, dalla cultura del nostro mondo, a un altro livello.”. Questi suoi scritti su Cutro, a Pier Paolo Pasolini , nel novembre del 1957, valsero una querela per diffamazione a mezzo stampa da parte del ragionier Vincenzo Mancuso, che all’epoca, di Cutro, era sindaco.  La vicenda processuale si chiuse con una sentenza di non doversi procedere. Ma struggenti e maledettamente attuali erano le frasi che seguivano quella descrizione pasoliniana di Cutro: “Nel sorriso dei giovani che tornano al loro atroce lavoro, c’è un guizzo di troppa libertà, quasi di pazzia…”  Atroce lavoro, quello che rende simile l’uomo alla bestia da soma; forse è questo ciò che aveva visto Pasolini nelle campagne custresi e mai parole furono più adatte per descrivere quanto invece aveva percepito: “ Nel fervore che precede l’ ora di cena l’omertà ha questa forma lieta, vociante: nel loro mondo si fa così. Ma intorno c’è una cornice di vuoto e di silenzio che fa paura”. E quanti sono i giovani cutresi che, da piastrellisti, carpentieri e muratori, ancora oggi hanno lo stesso sorriso, l’identica rassegnazione a un “atroce lavoro”  e quella medesima abitudine a gioire del sudato pane quotidiano. Il vuoto e il silenzio che avvolgono il loro esistere, fa oggi, in tempi di grandi inchieste sulla mafia, ancora più da cornice. Fatte salve le vicende processuali e le risultanze delle inchieste sul radicamento criminale dei cutresi nella provincia emiliana, sui quali spetta a chi di competenza entrare in merito. Accettato, ma solo perché proviene da un prete antimafia, il diritto di dare pagelle e giustificazioni ai vari comprimari delle vicende in questione, a seconda del grado di appartenenza sociale, delle simpatie e delle opportunità politiche contingenti. A distanza di circa sessanta anni, e in attesa di una analisi approfondita dei fatti che hanno trascinato sulle prime pagine dei giornali la comunità dei cutresi che vivono in Emilia Romagna; le parole di Pier Paolo Pasolini rimangono ancora una volta le più attuali di tutte: “Ora vorrei sapere che cos’altro è questa povera gente se non ‘bandita’ dalla società italiana, che è dalla parte del barone e dei servi politici? E appunto per questo che non si può non amarla, non essere tutti dalla sua parte, non avversare con tutta la forza del cuore e della ragione chi vuole perpetuare questo stato di cose, ignorandole, mettendole a tacere, mistificandole”.  E , proseguendo nella sua descrizione delle genti e dei luoghi di Cutro e della Calabria, così affermava :“In Calabria è stato commesso il più grave dei delitti, di cui non risponderà mai nessuno: è stata uccisa la speranza pura, quella un po’ anarchica e infantile di chi, vivendo prima della storia, ha ancora tutta la storia davanti a se.”.