Pasolini e la Calabria
Quest’anno c’è stata la rincorsa per ricordare la figura di Pasolini. Si è scritto e detto di tutto e di più, sulla vita di un intellettuale organico , un visionario, un profeta, osteggiato in vita. Le voci scomode vanno silenziate. Arriviamo al 1 novembre 2015 per ritornare a parlare della sua morte tirando in ballo il complotto con tesi di ogni tipo e natura.
Ho la vaga sensazione che si voglia speculare su questa figura che ancora fa storia, per un motivo particolare: la sua omosessualità. E dal momento che bisogna tirare fuori una legge a favore degli omosex, si celebra adesso la sua figura per una campagna mediatica che dovrà portare i suoi frutti.
A me piace ricordarlo, nella sua venuta a Crotone in occasione della preparazione del suo film “Il Vangelo secondo Matteo”. Pasolini ha avuto un rapporto molto controverso con la Calabria. Lo si desume largamente da ciò che ho scritto di lui.
Pasolini e la Calabria
di Antonella Policastrese
Forse la tragica dinamica dei fatti di quella notte tra il 1º e il 2° novembre 1975 non sarà mai più chiarita nei dettagli e non si conoscerà il vero movente di quello che fu un efferato omicidio. O forse il movente ufficiale non ha mai convinto e convincerà quanti Pier Paolo Pasolini lo hanno conosciuto, apprezzato e anche lealmente avversato. Quella notte all’idroscalo di Ostia il poeta fu ucciso presumibilmente per una violazione degli accordi sessuali prestabiliti con un coatto imbarcato sulla sua “Alfa Romeo Gt 2000” nei pressi della stazione Termini a Roma. E quindi va subito detto che, a livello popolare, di Pier Paolo Pasolini era più nota l’ inclinazione sessuale che l’enorme valore assoluto della sua personalità di scrittore, poeta, regista e polemista; doti che però la gente, per fortuna, intuiva nitidamente. A quell’epoca la diversità, ma addirittura anche gli handicap fisici, erano oggetto di scherno e tratti salienti dell’individualità. Egli era omosessuale, e di questo suo modo di essere non faceva mistero, tantomeno era interessato a ergersi come paladino di una causa che, sino a un decennio addietro, non poteva che riguardare la sfera personale e l’ intimità di ciascun individuo. Chi lo avrebbe dunque detto che oggi esistono parlamentari ignobili che, facendosi scudo con gli interessi del popolo sovrano, reclamano leggi a tutela dei propri compagni; dalla reversibilità della pensione ( a carico della collettività) sino al diritto di adottare figli. Il contributo alla causa, che ai nostri giorni sembra essere divenuta di vitale e assoluta priorità – il riconoscimento dei diritti civili alle coppie gay – il regista friulano lo diede in termini squisitamente culturali, soprattutto con la sua “Trilogia della vita” ovvero con i film “Decameron”; “I racconti di Canterbury” e “Il fiore delle mille e una notte” . Eppoi, l’indimenticabile e compianto scrittore, alle tematiche inerenti la sfera sessuale e il rapporto di coppia degli italiani, quella che un tempo andava dalla verginità al divorzio, nel 1965 dedicò un documentario: “Comizi d’amore”. Pier Paolo Pasolini pagava di tasca propria e sulla propria pelle le sue diversità, a partire da quella sessuale sino a quelle ideologiche. La prima, di quelle diversità, l’ha pagata con la vita; un prezzo davvero sproporzionato per un intervenuto disaccordo sull’interscambio di ruoli nell’amplesso omosessuale. Le altre con un peregrinare tra censori e giudici; per quello che ritraeva nei suoi film e rimarcava con i suoi scritti. Tutto questo gli rende molto più onore di una presunta, recondita e occulta ragione politica come movente della sua uccisione: Non un complotto; non una trama bene ordita; non un inconfessabile segreto dietro alla necessità, comodità, di eliminare il più grande e visionario profeta dell’età contemporanea;in quel caso il “cui – prodest” avrebbe riguardato davvero molti, da una sinistra che ripiegava al centro, sino a una destra che si sarebbe fatta chiamare sinistra quaranta anni dopo. Nel quarantesimo anno dalla morte del poeta e da quella notte all’idroscalo, si materializzano ancora fantasmi nell’inchiesta conclusasi con la condanna del suo assassino ufficiale che operò comunque in concorso con ignoti. Recentemente qualcuno giura che nella morte del regista ci sia anche lo zampino della banda della Magliana. Ma semplicemente perché in una foto che ritrae la scena del delitto il mattino dopo, compare la figura di “Crispino” al secolo Maurizio Abbatino. Pasolini è stato e lo resterà per sempre, come un sole che girava intorno ai pianeti; illuminando del suo splendore intellettuale e del suo calore umano, l’universo mondo delle periferie e degli inferni perduti del sud. Un poeta guerriero, in tutti i sensi, armato di macchine da guerra quali la cinepresa e la penna. Egli pareva fosse venuto dal futuro e che fosse a conoscenza del destino degli uomini e dell’evolversi di eventi epocali, indovinandone persino gli scenari. Quello che sarebbe avvenuto sulle coste del Mediterraneo con la migrazione di massa dei giorni nostri, per Pasolini era un deja vù di cinquanta anni prima : “… Porteranno con sé i bambini… Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali. Sbarcheranno a Crotone o a Palmi a milioni…Subito i Calabresi diranno,come da malandrini a malandrini:” ecco i vecchi fratelli, coi figli e il pane e formaggio!”. Da Crotone o Palmi saliranno a Napoli, e da lì a Barcellona, a Salonicco e a Marsiglia, nelle Città della Malavita”. Crotone era rimasta nel cuore di Pier Paolo Pasolini ,ed ai crotonesi egli nel cuore è rimasto. Un incontro nato da un ripiego, o forse da un segno del destino. Il poeta aveva realizzato un documentario in Palestina per girare un film sulla vita di Gesù, cioè sui luoghi dove avrebbe voluto ambientare il suo “Vangelo secondo Matteo”. Al momento di realizzare il progetto, il suo produttore, Alfredo Bini, ritenne di dover dimezzare i costi; sicché il film fu ambientato tra Calabria e Basilicata. Le riprese cominciarono ad aprile del 1964. A Crotone l’Hotel Bologna, oggi sede della agonizzante Provincia, divenne il quartier generale della troupe e lì davanti si dava convegno ai figuranti per essere trasportati sul set nelle location prescelte. Sotto “l’Irto” sulla spiaggia dinanzi il complesso residenziale “Casarossa” girarono la scena di Gesù che cammina sulle acque. Lì c’era una secca dove il livello dell’acqua copriva a malapena la pianta del piede; fu facile per Tonino Delli Colli, il mitico direttore della fotografia, inventarsi un trucco di scena con ingredienti naturali. Nel film la cinepresa si attarda a inquadrare lo sfondo del promontorio di Capocolonna ed è possibile scorgere addirittura i gigli di mare che punteggiavano le pareti dell’irto digradanti verso il mare. Tutta roba che è scomparsa da tempo oramai immemore; e la vecchia casetta colonica, la “casa rossa” ha lasciato il posto a un vero e proprio quartiere popolare. Insomma, Pasolini, che a Crotone venne con la madre Susanna, conobbe gente e luoghi che portò nel cuore per sempre e al tempo stesso rese consapevoli i crotonesi di ricchezze primitive mai prima d’allora prese in considerazione. Perché i luoghi del set dove furono girate alcune scene de “Il Vangelo secondo Matteo” erano tutt’altro che frequentati e quindi considerati selvaggi. Cosa avvenne dopo quegli anni che vanno dal 1959, quando Pier Paolo Pasolini venne a Crotone per ritirare il premio letterario per il suo romanzo “Una vita violenta”, sino alla notte tra il 1º e il 2° novembre 1975, è la cronaca di una fine annunciata, per Crotone, per aver perduto la necessaria attenzione di cui avrebbe avuto tanto bisogno e che il poeta amorevolmente le prestò, ma soprattutto per l’Italia intera, che quella notte perse il suo primo e ultimo intellettuale organico che avrebbe potuto rendere il Paese un po’ meno asservito e servile. Dicono che furono i fascisti a ucciderlo, è forse c’ è un fondo di verità in questo, perché quaranta anni dopo l’Italia è saldamente nelle loro mani.