I dati che Matteo Renzi e il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, attendevano con impazienza, sono stati diffusi dall’Istat lunedì 22 settembre; sono quelli relativi al PIL 2013, così come rimodulato con l’inserimento delle attività illecite provenienti , in particolare, da traffico di stupefacenti, prostituzione e contrabbando. Si parla di un incremento di 59 miliardi di euro, che di riflesso farebbe scendere l’ammontare del debito pubblico di qualche decimale. In sostanza, la soglia imposta dall’Unione Europea di mantenere il debito sotto il 3 per cento annuo, si abbassa di un “incoraggiante” zero virgola due per cento. Ma si tratta di un decimale drogato, nel vero senso della parola e rappresenterà l’unico pesce e l’unico pane con quale il segretario del PD e capo del Governo tenterà l’ennesima moltiplicazione per favorire la ripresa e la rinascita dell’Italia. Appare evidente, ogni giorno di più, che il nostro Paese è entrato in una fase di declino che non è più solo economico, finanziario; esso è pure identitario, morale, culturale e ne va di mezzo addirittura la dignità nazionale. Talvolta, quando si raggiunge il fondo, capita di dover risalire e così non è stato, perché l’Italia di Matteo Renzi, da sei mesi a questa parte, ha cominciato a scavare e adesso si scava nelle risorse e nei proventi illeciti delle mafie e del malaffare. E’ come mettersi a fare il pane con la farina del diavolo, salvo poi prendere le distanze dalla schiera infernale che fornisce il prodotto. Ipocrisia allo stato puro quella dell’Italia di oggi.
In un paesino in provincia di Reggio Emilia il sindaco si è dovuto dimettere solo perché aveva espresso apprezzamenti nei confronti di Francesco Grande Aracri, fratello del boss di Cutro, Nicolino: “…gentilissimo, molto tranquillo. Uno ha la sensazione di tutto meno che sia quello che dicono che è”. Queste le parole pronunciate da Marcello Coffrini, oramai ex sindaco PD di Brescello, nel valutare la persona di Francesco Grande Aracri, cui la DDA di Bologna aveva sequestrato preventivamente beni per tre milioni di euro, ritenuti proventi di attività illecite. A decidere le sorti del sindaco è stata l’assemblea del PD; con queste motivazioni: “I sindaci del Pd non stringono la mano, non frequentano, non incontrano, non ricevono mafiosi. Ogni nostra azione deve essere tesa a non legittimare, non includere, non integrare nelle nostre comunità mafiosi o loro complici”. Distanze siderali dunque, tra istituzioni, mafie e malaffare, tranne che per motivi di interesse. Anzi, se la criminalità, organizzata o meno, non esistesse; se i marciapiedi non fossero affollati di prostitute e le strade di tagliagole di ogni specie, ne soffrirebbe il PIL e quel decimale sotto il tre per cento di possibilità di indebitamento imposto dalla UE, quella sorta di “salario della vergogna” di uno Stato in declino non esisterebbe neppure. Salvare le apparenze almeno, perché l’onore e l’onorabilità di una Nazione sono un ricordo orami lontano; lontano quanto l’ipocrisia di un partito che dimette il proprio sindaco per avere confuso l’apparire con l’essere. Un celeberrimo personaggio scespiriano distinse la forma dalla sostanza con queste parole: “…Io non conosco “sembra”. Non è soltanto il mantello d’inchiostro,né il mio vestir consueto,sempre così solennemente nero,né il sospirar violento del mio petto,né il copioso fluire dei miei occhi, né l’aspetto contratto del mio volto con gli altri segni e mostre del dolore, ad esprimere il vero di me stesso. Di tutto questo si può dir che “sembra”, perché questi son tutti atteggiamenti che ciascuno potrebbe recitare”.
Sicché sembrerebbe che l’Italia di sei mesi fa avesse imboccato la via d’uscita dalla crisi, almeno questo avevano lasciato intendere e lasciano intendere i media che appoggiano, a prescindere dalla tragica evidenza, il Capo del Governo. Ma questo è un altro discorso, poiché il contagio di “lingua marrone” tra i giornalisti italiani, sembra essere diventato pandemia.