Matricidio: cause ed effetti.

 

images oreste nel mito

 

 

“Matricidio”, il più terribile dei crimini che un figlio possa commettere ai danni della propria madre. Il Matricidio è un omicidio che annienta una parte di se stessi e spesso, come atto estremo, sfocia nel suicidio. Da sempre si è cercato di capire cosa possa spingere un figlio ad ammazzare la propria genitrice, ricorrendo ai miti come quello di Oreste, il quale si sporcò le mani di sangue uccidendo la madre Clitennestra,colpevole ai suoi occhi di avergli ucciso il padre, impedendogli la possibilità di identificarsi con esso.  Oppure se ci spostiamo sul terreno della  storia, non si può prescindere dalla figura di Nerone che uccise Agrippina per liberarsi dai continui rimproveri che la madre gli rivolgeva  e  liberarsi così dal giogo materno. Di tutto questo ci dà testimonianza Tacito che negli  Annales si sofferma sulla reazione della gente in contrapposizione al dramma della solitudine, vissuto dalla protagonista prima di essere uccisa, che ha intuito il suo uscire per sempre di scena per mano del figlio. Rapporti conflittuali, frustrazioni, solitudine sono di solito i contesti in cui maturano omicidi famigliari come l’eliminazione della propria madre. In queste storie, che segnano non solo i protagonisti di efferati delitti ma la comunità incredula e confusa, è come se vita e morte si annullassero e ciò che guida la mano omicida è solo una lucida follia, una vendetta personificata da mostri alati degni solo di abitare in luoghi infernali, per evitare che quando vedono la luce strazino la mente degli umani. I  fatti di cronaca che riguardano i matricidi sono a dir poco sconvolgenti, lasciano sgomenti, come appunto l’episodio di cronaca verificatosi una settimana fa a Crotone. Una ragazza di appena 22 anni soffoca con un sacchetto la madre, che da circa un anno accudiva a causa di una malattia a cui la figlia avrebbe  posto  fine per non vederla soffrire. Casi che esplodono come lava di un vulcano, rimbalzano sui giornali e inducono a riflettere su un fenomeno dei nostri giorni alla cui base c’è sofferenza, emarginazione solitudine. In genere, da quanto ne sappiamo, sono varie le cause che inducono al matricidio: mancanza della figura materna, uno stato depressivo,incomprensioni, conflittualità, spiegazioni che, chi sta aldilà della barricata dei normali, vuole e cerca per tacitare la propria coscienza,  esorcizzando il male. Stereotipi entro cui navighiamo, senza accorgerci che la figura materna, da sempre considerata un faro nella notte, una stella lucente che brilla nel firmamento, colei che ci nutre al seno sin da piccoli, un dattero nella terra del miele, diviene a volte  vittima di un rituale barbaro per via di un dolore esistenziale che in qualche modo deve essere lenito. Basta poco per cambiare pelle. Pochi attimi perché il dolore di vedere la sofferenza di una madre si trasformi in odio e  paura di essere abbandonati per sempre. Una cosa è certa: alla base di drammi famigliari c’è sempre un disagio, un disagio che sta diventando esistenziale,  i cui meccanismi sfuggono alla logica e non si possono catalogare in schemi precostituiti. Pertanto può anche verificarsi che, quando la conflittualità o la rabbia stagnano nel nostro inconscio, se  il soggetto ha difficoltà ad esternare le proprie contraddizioni, diventa un rischio per se stesso, oltre che per gli altri. Forse per evitare l’incomunicabilità tipica della nostra società, che fonda tutto sulla comunicazione, bisognerebbe chiedersi cosa induce un adolescente a rifiutare il mondo esterno e se, pur essendo connessi in rete, non si rimanga disconnessi dalla realtà. La giovane Federica, la cui tragedia è rimbalzata agli onori della cronaca,  può annoverarsi nella casistica di chi rifiuta la propria esistenza, per la malattia di quella madre che presto l’avrebbe strappata a lei. Non aveva fratelli o sorelle e, avendo vissuto dopo il diploma solo per quella madre, diventava insopportabile per lei anche la sola idea non poterla avere più con sè. Federica più che con la madre ha finito di avercela con il mondo intero, poiché gestiva i suoi desideri offuscati dal dramma della madre che non stava bene nel più totale isolamento. Un equilibrio alterato che correva sul filo di una lucida follia ha trasformato la casa in un teatro dove si è consumata la tragedia. Da non sottovalutare la trasformazione della famiglia, sempre più incapace di gestire i cambiamenti repentini a cui sta andando incontro. Essa appare sempre meno idonea a gestire insoddisfazioni e insofferenze che albergano al suo interno e, da isola felice dentro la quale l’individuo dovrebbe sentirsi al sicuro, diventa luogo di tensioni e aggressività e tutto ciò va addebitato a un contesto socio politico che non privilegia più gli individui ma li soggioga a logiche economiche.