Natuzza Evolo: mistica di Paravati prodiga di doni da offrire agli altri

Quando in qualsiasi sperduto luogo d’Italia si espandeva e diffondeva  la fama di un soggetto, sia laico che religioso, in grado di manifestare e materializzare fenomeni soprannaturali afferenti  la fede ed i poteri divini, le autorità ecclesiastiche inviavano a indagare e verificare la riconducibilità di detti fenomeni alla Volontà celeste, padre Agostino Gemelli, il fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore,nonché medico e psicologo di chiara fama internazionale e sacerdote dai primi anni del novecento. Così avvenne negli anni venti, quando il Gemelli fu inviato a verificare la presunta aura di misticità che avvolgeva Padre Pio da Pietrelcina e che tanti fedeli richiamava già da ogni parte del mondo. Il detective di santità inviato dalla Santa Sede affermò che il frate era un brav’uomo  e nulla di più. Incalzato successivamente su tale sbrigativa chiusura della pratica, Padre Gemelli ebbe a sostenere che Padre Pio era “uno psicopatico ignorante che indulgeva in automutilazione e si procurava artificialmente le stigmate allo scopo di sfruttare la credulità della gente”. Il pre-postulatore delle cause di santità ebbe a dire più o meno le stesse cose di Natuzza Evolo, la mistica di Paravati, circa venti anni dopo, indulgendo però sui presunti aspetti patologici del caso, in quanto Natuzza era, secondo il Gemelli, una giovane affetta da una grave forma di isteria e che quindi andava trascurata, in quanto alle sue presunte doti mistiche, per favorirne la guarigione. E se, per il caso di Padre Pio, lo specialista del Sant’Uffizio suggerì il ricorso all’esame da parte di una equipe teologica-medica e psicologica al fine di classificarne definitivamente l’appartenere o meno alla sfera del soprannaturale, per la Mistica di Paravati fu interpellato il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale). L’indagine si focalizzò prevalentemente sulle manifestazioni ematiche sulla pelle della donna, stigmate comprese, ma non furono trascurati gli altri aspetti della sua presunta carica prodigiosa, che andavano dalla trasfigurazione al dono di incontrare e dialogare con le anime dei trapassati. La santità, vera o presunta, non è una meta agevole da raggiungere, anche perché non sono mai i diretti interessati a volerla perseguire, bensì gli altri a pretendere che in quella sfera sia collocato chiunque dimostri di avere poteri che non appartengono a questo mondo. Così è stato per colui il quale di recente è stato proclamato San Pio, ma non per colei che, presumibilmente adesso ancora di più, non diverrà mai santa e neppure beata, seppure ella sia stata prodiga di santità terrene,nell’avere allevato cinque figli e accudito i suoi fratelli allorché sua madre fu abbandonata dal marito. Natuzza per questo non conobbe la beatitudine del sapere, ma imparò ben presto il dovere salvifico di alleviare l’altrui dolore e la gioia di infondere nel cuore degli altri la speranza oppure le ragioni per coltivarla. Chi scrive non ha mai avuto il privilegio di conoscerla o incontrarla e neppure di interessarsi a lei quando era nel pieno della sua grazia; quando era famosa in tutto il mondo e presso la sua dimora già si radunavano folle oceaniche. Apparve come una conseguenza naturale di questa sua fama il sorgere di santuari e case per il sollievo delle sofferenze a Paravati, un po’ come era stato a San Giovanni Rotondo già quando Padre Pio era ancora in vita. Entrambi luoghi sconosciuti, il sobborgo di Mileto dove è nata ed ha operato Fortunata Evolo e quello, un tempo pressoché desertico, in provincia di Foggia dove ha vissuto per quasi tutta la sua permanenza terrena Francesco Forgione, dal 2002 canonizzato come San Pio da Pietrelcina. Ecco, il sorgere dal nulla di luoghi di culto e di accoglienza per milioni di fedeli e di sofferenti che provengono da ogni parte del mondo, grazie alla presenza di giganti della fede, reca già di per se la dimensione del miracoloso. Generose donazioni, oboli ed elemosine fanno il resto, sino al consolidarsi di realtà che cambiano radicalmente, quanto profondamente e durevolmente, l’economia di territori destinati all’oblio. Del resto, chi non crede nella santità non commette alcun peccato se è convinto che taluni esseri umani hanno il dono di sfruttare ben oltre quel fatidico 20 per cento le potenzialità del proprio cervello sino a valicare la soglia del miracoloso. Per quanto è dato ricavare dalle testimonianze, la Mistica di Paravati sapeva leggere nello sguardo di chi da lei si recava per ricevere conforto o consolazione, sapeva soppesare l’anima di quanti stavano al suo cospetto oltre quei proverbiali ventuno grammi di peso. Eppure lei non sapeva né leggere né scrivere, non aveva avuto il tempo e l’opportunità di imparare. Ma il tempo per vedere germogliare i primi frutti di quanto aveva coltivato nella vita, per fortuna le è bastato. Giusto quanto serviva nel non veder svanire ciò che è cresciuto intorno a se e alla sua gente. Perché adesso la fondazione voluta da Natuzza: “Cuore immacolato di Maria Rifugio delle Anime” rischia di dissolversi e con essa quanto è stato creato: una casa rifugio per anziani; la chiesa, non ancora consacrata, intitolata al “Cuore Immacolato di Maria”; luoghi di accoglienza e di incontro. Tutto ciò in seguito ai rilievi mossi da Mons. Luigi Renzo, Vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera- Tropea sorti a seguito dell’andamento gestionale della Fondazione religiosa voluta da Natuzza e, secondo la Curia e gli alti uffici ecclesiastici, rivelatosi di orientamento privatistico. Dalla gestione della fondazione sarebbero stati enucleati i principi esclusivamente religiosi che la ispiravano e gli stessi esponenti del clero che ne facevano parte, in quanto essa sarebbe di natura esclusivamente privatistica. Per volere di Natuzza, sosterrebbero gli attuali gestori laici della fondazione; secondo quanto riportato nel testamento spirituale della Mistica e quanto altro comandatole durante una apparizione della Madonna. La Madre Celeste l’avrebbe addirittura costituita “esecutrice di un mandato divino, anche a prescindere dall’Autorità ecclesiastica”.  Circostanze e volontà, queste, che il vescovo si rifiuta di attribuire a Natuzza, ritenendole “in netto contrasto con il suo atteggiamento di normale obbedienza alla Chiesa”. Un conflitto insanabile tra aspettative imprenditoriali di chi dirige la Fondazione “Cuore immacolato di Maria Rifugio delle Anime” e magari vorrebbe che essa prosperi come in altre realtà di culto in Italia, e le esigenze esclusivamente religiose pretese da chi ne è stato di fatto escluso, cioè la Chiesa con i suoi rappresentanti. Da qui, in data 1° agosto 2017, è stato emanato un decreto vescovile con il quale, fra altro, si fa divieto alla Fondazione di organizzare manifestazioni religiose e di culto dentro e fuori la propria sede; di utilizzare la chiesa del Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime per attività pastorali e di culto, in quanto non ancora consacrata; nonché di raccogliere offerte in eventuali celebrazioni religiose. E’ fatto altresì divieto alla fondazione voluta da Natuzza Evolo di conservare il SS. Sacramento e di celebrare messa all’interno della casa di riposo per anziani fatta costruire con le donazioni e le offerte dei fedeli. Poi il Vescovo di Mileto, nel proprio decreto, cala il “carico” richiamando le recenti disposizioni (dell’11 luglio 2017) di Papa Francesco che vietano, fra l’altro, panegirici e qualunque altra celebrazione sui Servi di Dio la cui santità di vita è ancora oggetto d’esame (come per Natuzza). E Papa Francesco, nella sua “Majorem ac dilectionem”, si spinge oltre, sino a proibire anche fuori dalla chiesa quegli “atti che potrebbero indurre i fedeli a ritenere, a torto, che l’inchiesta sulla vita e sulle virtù; sul martirio o sull’offerta della vita del Servo di Dio, comporti certezza della futura canonizzazione dello stesso Servo di Dio”. Ovviamente a Paravati spira aria di rivolta; c’è malcontento, circa il futuro delle opere sorte grazie alla umilissima Serva di Dio che lì ha vissuto, accogliendo fedeli e sofferenti presso la propria casa. Era sicuramente nel suo animo ingrandirla quella casa per potere accogliere davvero chiunque; ma dovevano esserci per forza dei custodi allorché la Mistica avrebbe reso l’anima a Dio. A giudicare dalla disputa sorta tra gestori della fondazione e clero locale, la scelta non è stata davvero tra le più felici e non era tra le più facili; soprattutto in terre di lupi,(sia in tonaca che senza) che pur di non tradire la propria fama osano spingersi sin laddove nulla andrebbe toccato dei generosi doni offerti gratuitamente al suo prossimo da una donna eccezionale, il cui profumo di santità emana ben oltre i quintali di carta bollata che stanno per accatastarsi a Paravati.

Antonella Policastrese