E’ trascorso neppure un mese da che è scomparso Lindsay Kemp. La notizia non ha avuto  neppure lontanamente il rilievo della cazzate pubblicitarie su Asia Argento, delle quali l’eco tarda persino ad affievolirsi. Comunque sia, lunga vita ad Asia, ma eterna riconoscenza al grande coreografo, ballerino, creatore di sogni, Lindsay Kemp che da poco aveva compiuto 80 anni. La dipartita di Kemp si potrebbe paragonare al prendere il volo di quell’angelo che egli ha reinterpretato sulle scene in omaggio a Lois Fuller, una delle più grandi danzatrici di tutti i tempi, famosa, appunto, per la coreografia ispirata alla creatura celeste. A vederlo dal vivo quel quadro coreografico riproposto da Linsay Kemp, lo spettatore è come se si accorgesse che quell’angelo non potrà mai e poi mai volare, ma soltanto perché ingabbiato tra le pareti del palcoscenico. Null’altro sembra impedirgli di spiccare il volo, per quanto possa sembrare ancora più difficile farlo entro un teatro dal palcoscenico angusto, come lo è stato per Kemp quando è venuto all’Apollo con in suo spettacolo “Fiori spezzati”.  Ciò avvenne nei giorni 9 e 10 marzo del 2000 e la tappa crotonese de “Fiori spezzati” fu una delle uniche tre insieme a Torino e Roma, cosa resa possibile dalla volontà di avere a Crotone, per la prima volta, il grande Lindasy Kemp con un suo spettacolo. Esso era, per certi versi, un compendio, un fior da fiore, del meglio del coreografo britannico, ossia di un pezzo della storia mondiale del teatro che Kemp ha scritto  da “Flowers” a “Onnagata” . Però il grande e compianto artista ebbe a precisare che “Fiori spezzati” non era una raccolta di brani storici, bensì una ricerca rivolta al futuro. Un futuro che il coreografo aveva deciso di vivere definitivamente in Italia. In quegli anni abitava in Umbria, la morte lo ha trovato a Livorno il 25 agosto scorso. Egli era un mostro sacro della danza; un mimo; un illusionista; un visionario venuto da un altro pianeta e fu dunque bellissimo scoprire che fosse anche, soprattutto, un uomo semplice, affabile, disponibile al dialogo a rispondere a qualunque domanda gli fosse stata posta; anche quella che non c’entrava nulla, come quella sul perché si passasse continuamente la canfora sulla testa rasata. Dunque, per due giorni di marzo di diciotto anni addietro, i crotonesi ebbero la grande opportunità di osservare la “terra vista dalla luna” poiché lo spettacolo proposto da Lindasy Kemp al teatro Apollo sembrava essere un viaggio iniziato partendo da un altro pianeta; dalla sua interpretazione del duetto “Parigi o cara” tra Alfredo e Violetta o dalla scena di Vaslav  Nijinsky perduto nella tormenta di neve. Non era un uomo che interpretava il ruolo di una donna; quella che Kemp portò in scena era Violetta, de “La traviata” e basta. La neve che avvolgeva la grande solitudine di Nijinsky   sembrava fosse entra nel teatro attraverso una finestra rimasta aperta. Questo fu “Fiori spezzati” portato in scena al teatro Apollo da Lindsay Kemp ed i solisti del Teatro Nuovo di Torino. Sono trascorsi solo diciotto anni e il grande coreografo britannico non c’è più, ma i tempi in cui accadeva tutto questo, cioè di assistere ad un evento culturale di siffatto spessore, sembrano appartenere alla preistoria, posto che Crotone è un mondo alla rovescia, laddove il presente e il futuro che si profila all’orizzonte sembrano venire millenni prima della comparsa dell’uomo sulla terra. Basta guardarsi intorno e scoprire quanta miseria, quanta povertà, quanta pidocchieria c’è in quanto viene contrabbandato per evento culturale e quali siano i personaggi che questa paccottiglia vanno proponendo. Per la collettività dicono, per onorare gli splendori della antica città di Pitagora, vanno affermando. Fatelo pure, ma non in mio nome, cioè in nome di chi appartiene alla collettività e vive in questa città. E speriamo che qualcuno si offenda o se ne abbia a male, perché sulle attività culturali nella città di Crotone ci sarebbe davvero molto ancora da raccontare. Basta averne un motivo e trovare una scusa buona per farlo. Per quanto mi riguarda non chiedo di meglio.

 

Antonella Policastrese