C’era una volta il primo maggio

 

C’era una volta la festa dei lavoratori. Ogni primo maggio c’era la voglia di ritrovarsi per difendere  diritti conquistati in duri anni di lotte; voglia di camminare  senza paura del futuro, con il sole in faccia e il canto di libertà, bandiera di un Paese che aveva conosciuto il fascismo  e aveva archiviato quella nera pagina di storia. Poi qualcosa si è rotto. Come in un incubo ad occhi aperti, hanno escogitato la globalizzazione e i padroni di ieri sono diventati i super ricchi di oggi; coloro che adesso ti lesinano il lavoro ed ammesso che si riesca ad entrare nel mondo della produttività o ti accontenti di quattro soldi o giri. Il lavoro in pratica è stato rottamato e ci siamo ritrovati in un mondo dove regnano sovrane le disuguaglianze ,con le classi sociali divise in ricchi e poveri e una classe media mandata al creatore. Tutto ciò che pensavamo fossero diritti inalienabili sono diventati un optional, la disoccupazione è tornata a salire e la crisi attanaglia le nuove generazioni sacrificate sull’altare degli interessi, del mercato, della finanza. Ci siamo risvegliati un giorno e ci siamo ritrovati le catene ai piedi, ridotti miseramente in schiavitù, senza possibilità né di sceglierci un futuro one tantomeno decidere il senso delle nostre vite. In questi lunghissimi anni di sonno della ragione, hanno continuato a parlarci di sacrifici , sacrifici puntualmente fatti, ma che ancora ci vengono richiesti non si capisce bene in nome di cosa? Le lancette della storia sono ritornate maledettamente indietro e hanno cominciato a raggirarci, chiamando l’emigrazione possibilità di spostarci all’interno dell’Europa per racimolare un misero stipendio o per fare carriera per i più fortunati. Ci hanno fatto credere che con il merito si sarebbero sconfitti i privilegi di giovani rampolli, che attualmente hanno la chiave d’accesso a posti che contano, posti fissi dove non hai bisogno di nessuna partita Iva o  vivere di un lavoro precarizzato a quattro soldi. Una riforma chiamata “jobs act” definita la migliore del mondo, ma che stranamente continua a provocare emorragia di forza lavoro oltre che di cervelli. Si è fatto in modo di disperdere una generazione indirizzandola verso altri lidi, per sedare proteste che ci sarebbero state se i nostri ragazzi avessero risieduto nel loro Paese. Intanto sono cominciati i licenziamenti legalizzati, con imprese che hanno de localizzato e continuano a farlo: il fine ultimo è avere braccia  a quattro soldi con poche tasse da pagare se non aggirare, alla faccia dei diritti e della libertà. C’era una volta il primo maggio, un appuntamento da non mancare per affermare la voglia di sentirsi parte di una realtà costruita per apportare benessere, equa distribuzione della ricchezza, ma che oggi risulta un fenomeno da baraccone. E pur di ricercare le cause di tutto questo in una globalizzazione fallita, in un’Europa dove a predominare è la Grande Germania, oggi 2017 ci raccontano ancora l’eccidio di Portella della Ginestra, dove la storia nel 1947 la facevano gli americani, con la divisione del mondo tra America e Russia e delle istituzioni da riempire con nomi di vecchi gerarchi, che avendola fatta franca rinnegando il Fascio, si erano ritrovati  a sostenere il nuovo che avanzava. Oggi il nuovo è rappresentato da feudatari e vassalli, che rispondono ancora una volta all’impero germanico, con una signora che osserva i conti, con delle istituzioni che non rispondono più ai cittadini ma ad altri organi, ai quali vengono garantiti quattrini per far quadrare i conti sulla nostra pelle. C’era una volta il primo maggio che ora non c’è più. Per farlo rivivere bisogna riscrivere un’altra storia, ma a quanto pare si preferisce leggere ciò che è stato facendo del nostro Paese una realtà per pochi vecchi ricchi sfondati.