Crotone: nel ventre della città

 

 

Deturpazione, mediante imbrattamento, di opera pubblica, o esempio ermetico di street-art praticato su un bene di cui è proprietario la collettività?Qualora le telecamere del centro cittadino (quelle che non hanno mai visto l’incendio nella notte di un taxi parcheggiato dinanzi i portici di piazza Pitagora, dove c’è la fermata degli autobus, che ha avuto la forza di squagliare addirittura l’asfalto e deformare pali della segnaletica stradale) avessero immortalato l’autore della scritta a pennarello sul monumento astratto dedicato a Pitagora, per quale dei due reati egli dovrebbe essere condannato ? Nel primo caso, che rientra squisitamente nei reati previsti dall’art. 639 del Codice penale, la pena applicabile va dalla sanzione pecuniaria,  sino a qualche mese di reclusione. Qualora si fosse trattato invece di una forma di espressione artistica, praticata sulla superficie di un’opera preesistente che è di interesse pubblico o privato, l’imbrattamento in specie rientra nei profili penalistici propri della street –art . Sta di fatto che questo novello Banksy crotonese, che non ha nulla da invidiare al senso d’ironia che contraddistingue il celebre (e anonimo) writer inglese, ha una fortissima idiosincrasia nei confronti della grammatica italiana. Si, perché sul Pitagora a fettine che campeggia all’incrocio tra via Mario Nicoletta e viale Regina Margherita, l’ignota mano ha vergato una e congiunzione in luogo di una è, terza persona del verbo essere. Tuttavia  l’intento era sicuramente quello di spiegare alla “miriade di turisti, stranieri e visitatori” che arrivano in città quotidianamente, che quelle lastre di marmo rappresentano il celeberrimo filosofo di Samo,  inventore della tabellina che è dunque il più illustre cittadino (anche se adottivo) che Crotone abbia mai avuto da duemila anni a questa parte. E dunque la pena più equa da infliggere al writer crotonese potrebbe essere l’obbligo di frequentazione di scuole serali, ma non più di questo, per carità, perché i problemi che attanagliano la città sono davvero ben altri che quelli di punire chi ha  voluto prendersi gioco di un’opera d’arte obiettivamente difficile da decifrare e da identificare con ciò che essa dovrebbe evocare. Eppoi il dispregio sembra essere l’arte con cui la crotonesità riesce a esprimersi meglio, mentre Crotone è il capoluogo di provincia che più rapidamente riesce ad affondare. Il centro cittadino, con i suoi negozi vuoti e le saracinesche chiuse, è l’immagine più eloquente della decadenza in atto. Si dice che le farmacie ed i tabaccai (al tempo in cui la fornitura di sali e tabacchi è il servizio meno gettonato) siano le sole tipologie di negozi affollati. In altre parole: c’è mestizia in giro, mai come adesso, e laddove ci sono i luoghi più frequentati della città, ospedale e centro cittadino, le schiere di “parcheggiatori” di colore si infoltiscono ogni giorno di più. Si spolpa l’osso, sino al midollo, semprecché esso non sia già stato raggiunto e divorato. Che circolino pochi soldi nella città di Pitagora, è risaputo, ma che a circolare ancora di meno siano le idee, è evidenza alla quale ci si rifiuta di arrendersi. Ed ecco che arrivano autorevoli rappresentanti dell’Eni, per dire alla città come vuole essere aiutata; come si desidera che vengano elargite le royalties derivanti dall’ estrazione di metano. Ci penseremo su, sembra essere stata la risposta da parte degli interlocutori che, per necessità e logica di rappresentanza, non potevano che essere i titolari del civico consesso cittadino allargato al mentore (o mentoressa) regionale. C’è la carneficina di Scifo in corso e quello stesso civico consesso fa spallucce, orecchie da mercante e la parte del catanese, lasciando che se la sbrighi la magistratura per un casino che ha creato la pubblica amministrazione, ciò evitando, diligentemente, di revocare un permesso di costruire. E se Crotone piange, il circondario non ride, per via di eventi purtroppo tragici e anche grotteschi, legati a tradimenti coniugali veri, presunti o sospetti, che parrebbero tratti da un celebre romanzo di Emily Brontè, laddove il titolo rivisitato potrebbe essere “Corna tempestose”. Per i lettori più attenti di questo giornale e per  quegli altri cui non sfuggono i risvolti della cronaca locale, è facile esercizio risalire ai fatti cui qui si intende far riferimento. Dove volete che si vada a finire in siffatte condizioni; come pretendere che si voli dispiegando delle pelose orecchie d’asino in luogo di possenti ali d’acciaio. Non sono i lametini, i catanzaresi ed i cosentini che studiano come fregarci; siamo noi che non siamo capaci di progredire, non abbiamo la forza e neppure l’intenzione di difenderci dalle fregature; anche perché ai nostri corregionali non interessa tanto fregarci, quanto fare in modo che le loro realtà locali che non si riducano alle condizioni nelle quali versano Crotone e il suo territorio. Ed è abbastanza facile farlo; vedasi Reggio Calabria dove, per esempio, saranno addirittura due le compagnie aeree disponibili a collegare la città dello Stretto con gli aeroporti di Milano e Roma. Questo grazie alla classe politica e dirigente, grazie alla cittadinanza reggina che ha saputo far muro e alzare la voce al momento giusto, nei giusti modi e nelle appropriate sedi. Laggiù, nella città della Fata Morgana, dal sindaco al vescovo sono scesi tutti in piazza per difendere i propri diritti; qui in piazza ci si và perché arrivano i selezionatori di “X Factor” e bisogna tentare l’avventura e la fortuna nello stesso momento. Mestizia, dunque; miseria nera comunque; povertà d’animo in tutti i sensi.  Tra (presunti nuovi) corsi della politica e ricorsi (al Tar) Crotone va perdendo di giorno in giorno la propria residua credibilità e persino quell’eccezionale salto di qualità che era la promozione nel massimo campionato di calcio, sta rivelandosi controproducente e dannoso per l’immagine della città per via delle testimonianze, assolutamente pubbliche e televisive,  dei giornalisti sportivi che arrivano sin quaggiù per seguire le partite del Crotone calcio. Un vero incubo per loro che impiegano ore e ore di viaggio ; un viaggio puntualmente allucinante a essere generosi, scomodo a voler indulgere, a dorso di mulo se proprio fosse necessario ammettere con quali mezzi di locomozione si è costretti a percorrerlo. In queste condizioni non resta che andare in pellegrinaggio a “Chi l’ha visto” da Federica Sciarelli per sapere, quantomeno, a quando risalgono gli ultimi momenti di felicità che questa città ha vissuto, semmai ne avesse realmente vissuti.

 

Antonella Policastrese