Loki: quanta fatica per un Dio?

Tra tutte le divinità e creature del mito nordico, sicuramente Loki è quella maggiormente avvolta da un alone di mistero e soprattutto di fascino. Il Dio del caos, della distruzione e portatore del Ragnarök (la fine di tutte le cose, equivalente all’Apocalisse ebraico-cristiana) con il passare degli anni ha goduto di una sempre crescente popolarità, anche grazie alle trasposizioni cinematografiche e fumettistiche targate Marvel

Ed è proprio su una trasposizione fumettistica su cui oggi ho intenzione di soffermarmi; mi riferisco all’opera intitolata “Thor: Le fatiche di Loki”, albo del 2011 di casa Marvel e pubblicato in Italia dalla Panini nel formato Collezione 100% Marvel. Il fumetto, scritto da Roberto Aguirre-Sacasa ed illustrato da Sebastian Fiumara, contenente quattro storie tutte collegate tra loro, esce fuori dallo schema supereroistico e si concentra principalmente sulla rivisitazione dell’avvento del Ragnarök in terra vichinga, sugli eventi che ne hanno permesso l’incombenza e principalmente sulla psicologia di questo complesso personaggio. 

La storia si apre con un Loki in fuga dagli Dei e soprattutto dal fratellastro Thor e si conclude con uno scontro prima verbale e poi fisico tra le due divinità del pantheon norreno. In tutta la parte centrale dell’opera vengono approfondite le ragioni delle gesta del Dio del caos, il motivo delle sue scelte e il marcato risentimento nei confronti della sua famiglia, famiglia nella quale Loki non si è mai sentito accettato per via dei suoi forti legami di sangue con i giganti di ghiaccio, gli Jǫtunn, da sempre in guerra con le divinità Asgardiane

L’autore mette in risalto la gelosia dell’ingannatore nei confronti del tonante, Thor per l’appunto, reo di essere il figlio preferito del padre Odino (alto padre o padre di tutto) e di conseguenza essere destinato a sedere sul trono di Asgard; l’invidia di Loki nei confronti del futuro sovrano dei cieli si manifesta anche a causa di un amore non corrisposto da parte di Sif (legata sentimentalmente a Thor) ed a causa della mancata consegna del mitico martello Mjöllnirfabbricato dai nani su richiesta di Loki stesso e poi benedetto dalla magia di Odino, che preferì Thor a Loki come suo possessore.  

Tutto ciò fa crescere in lui un risentimento tale da architettare l’omicidio di Balder (il più amato tra gli Dei) senza possibilità di resurrezione, aprendo così inesorabilmente le porte alla grande catastrofe che culminerà con il crepuscolo degli Dei, dove Loki figurerà come architetto e condottiero, guidando le legioni dei morti e dei nemici di Asgard verso la distruzione della città eterna. 

L’autore, con grande maestria, si sofferma anche sul rapporto degli Dei con la natura e con l’impossibilità di cambiare il proprio destino; nel primo caso ci vengono mostrate tutte le divinità mentre si fanno giurare da varie personificazioni della natura (monti, fiumi, alberi, ecc…) di non arrecare nessun tipo di danno a Baldertuttò ciò ci fa intendere come gli Dei, per quanto potenti essi siano, si trovino su un piano equivalente a quello della natura, dalla quale non possono pretendere ma solo chiedere. Nel secondo caso, l’autore mostra una situazione ben diversa: gli Dei non si trovano su un piano equivalente del destino ma sottostanno ad esso; nessun Dio, neanche il quasi onnipotente Odino, sfugge al proprio destino e tale concetto viene espresso egregiamente da una frase di Loki, il quale in risposta a Thor afferma “Perché ho fatto questo?… semplicemente perché è il mio ruolo nella storia.” Ed ancora “Queste storie sono la nostra vita… la mia vita! Io faccio ciò che sono nato per fare.” 

Il personaggio del Dio della discordia si presenta in varie sfaccettature: troviamo un Loki impaurito e rassegnato a svolgere il suo ruolo nella storia, un ruolo che per volere (magari) di una forza superiore lo contrappone a tutti gli altri; troviamo un Dio intristito e incompreso che cerca in tutti i modi di ottenere l’approvazione di un padre cieco nei suoi confronti, e qui potremmo scorgere un collegamento tra uomini e Dei: per quanto possa un Dio essere superiore ad un uomo, il mancato affetto ricevuto da un genitore rende vana la sua immortalità. Ma ci sono altri due aspetti che caratterizzano la psicologia di Loki: quella di un Dio distruttore, compiaciuto nell’aver arrecato un danno irreparabile alla sua famiglia, un Dio soddisfatto del poter incutere timore nei suoi simili e negli esseri umani; e soprattutto verso la fine dell’opera osserviamo, grazie alle splendide illustrazioni, un Dio che, dopo aver perso lo scontro fratricida, viene incatenato su una roccia e condannato a subire le ustioni dovute al colare del veleno del serpente che lo sovrasta (in perfetta sintonia con i classici poemi della mitologia nordica). Nonostante Loki non si trovi in una situazione di vantaggio nei confronti dei suoi nemici, sorride; sorride perché sa che il destino ha in serbo ancora grandi progetti per lui, sorride perché sa che da li a poco sarà lui a guidare le forze del caos che porteranno distruzione e morte, sorride perché sa che la sua storia non è ancora finita; nel grande disegno cosmico, le pagine di Loki non sono state ancora scritte e tutto ciò rende il veleno del serpente un dolce balsamo nell’attesa del suo trionfo. 

Un albo a mio avviso da tenere in considerazione per appassionati di super eroi e non; le atmosfere mistiche e mitiche vengono descritte in maniera eccellente e la psicologia di Loki può essere approfondita da chiunque sia mai stato affascinato da questa ambivalente figura, rappresentata sia come portatore di distruzione che come generatore di positività grazie alla sua smisurata astuzia.

Copertina dell’albo