Quando gli operai crotonesi erano la forza del mondo. A colloquio con Giovanna Brio

Giovanna Brio, il giorno del suo matrimonio
Giovanna Brio, il giorno del suo matrimonio

“Quando gli operai crotonesi si sentivano la forza del mondo” è’ il titolo di un filmato andato in onda su Rai Tre, dedicato all’ex realtà industriale crotonese. La parte centrale del film, come abbiamo già detto nell’articolo del 24 maggio pubblicato su “il Crotonese”, è l’intervista a due operai delle fabbriche in cui uno parla e l’altro suggerisce. Colui che suggerisce alcune risposte era il padre di Giovanna Brio, Antonio, morto a poca distanza da quell’intervista, per un incidente sul lavoro. Correva l’anno 1971 ed il cinque dicembre quel ragazzone di appena ventotto anni moriva per una lastra di marmo che gli cadde addosso. La morte non arrivò subito ma dopo un’agonia di parecchi giorni che lo strapparono all’affetto della giovane moglie appena ventiquattrenne e di una figlia di due anni e mezzo, Giovanna per l’appunto. Ci sentiamo al telefono subito dopo la pubblicazione dell’articolo, per parlare ancora di quel filmato e ricordare un’epoca in cui Crotone correva verso un futuro che avrebbe dovuto riscattarla dalla miseria, grazie alle sue enormi potenzialità, ma che incredibilmente è ritornata a ripiegarsi su se stessa, vittima inconsapevole di uomini che non hanno saputo mettere a frutto ciò che la città poteva offrire. Negli anni 70 Crotone continuava ad essere terra d’emigrazione per via delle fabbriche già sature di operai, che avrebbe potuto impiegarne ancora se si fosse fatto l’ampliamento, bloccato dalla soprintendenza archeologica a causa di importanti reperti che avrebbero dovuto restituirci una nuova Pompei per quanto era custodito sotto le viscere della terra e che, tutt’oggi, tra rimpalli e rimandi continua a rimanere prigioniera della terra e del tempo. Negli anni 70 Crotone cominciò a registrare un altro tipo di emigrazione. I figli degli operai avevano cominciato ad andare all’università, giovani che studiavano e rimanevano nelle sedi degli studi scelti, alla ricerca di una migliore qualità della vita, che hanno finito per impoverire la nostra realtà. In fondo anche Giovanna, la figlia di Antonio Brio, si trova a Torino dove lavora come infermiera all’ospedale  Regina Margherita. Un colloquio al telefono il nostro, inframmezzato da secondi di mutismo per la voce rotta dalla commozione nel ricordare come lei abbia vissuto i primi ventidue anni della sua vita a Crotone, circondata dall’affetto della famiglia d’origine e di sua madre che non si è mai più risposata. “…Abitavamo in via Venezia” dice Giovanna, “ci conoscevano tutti, i miei genitori erano pilastri, forza ed esempio per me innanzi tutto che ho sempre vissuto nel mito di mio padre, congedatosi da questo mondo troppo in fretta ed io sono fiera di essere sua figlia”. Una storia la sua che, attraverso un filmato che il tempo ci ha restituito, merita di essere raccontata, che parla di una Crotone viva, attiva, con operai che avevano una coscienza di classe, parlavano di politica ed erano fieri di fare studiare i propri figli che diventavano medici, ingegneri, professori. Un riscatto sociale che ad un certo punto si è arrestato e, quando le fabbriche hanno smantellato la loro attività, si è avuto un tracollo. Cosa resta di quei tempi trascorsi in fretta, ma che non hanno portato l’agognato sviluppo dal momento che il terziario è come l’unico dente in una bocca sdentata? Ci siamo svegliati un giorno e ci siamo ritrovati orfani del passato, senza nessun futuro a cui guardare. D’altronde diceva bene l’ex direttore di questo giornale: “Senza fabbriche Crotone collassa”. Una visione la sua, un profeta inascoltato. Egli conosceva bene questa realtà, la viveva, ci faceva i conti. Il Crotonese, è stata la sua scommessa, una creatura che cerca di resistere alle continue spallate di questo tempo avaro, dove le idee sono un optional e si continua ad andare avanti arrampicandosi sugli specchi. Intanto Crotone continua ad essere come un sognatore sulle rive di un mare che silenzioso bagna la riva.